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ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere


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                           Barocco e retorica freudiana , in cui sostiene che l’indice di “letterarietà”
                           di un classico è dato dal «tasso di figuralità» che si condensa sul piano
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                           del significante .
                                 Nel ricostruire le vicende della metafora in età barocca, Orlando
                           si sofferma sul Galilei critico letterario. In particolare, considera i rilievi
                           mossi dal grande scienziato alla Gerusalemme liberata del Tasso. A un
                           certo punto del poema Tasso, parlando del carattere effimero della
                           fama tra gli uomini, dice che essa «è un’eco, un sogno, anzi di un sogno
                           l’ombra / ch’ad ogni vento si dilegua e sgombra». Galileo rimprovera
                           qui al Tasso un eccesso di metaforicità, vale a dire proprio quell’ecce-
                           denza del significante in cui, come direbbe Lévi-Strauss, consiste l’arti-
                           sticità di un testo. Un eccesso che, sulla scorta di un atteggiamento
                           scientifico-positivistico di cui era portavoce, egli considera una sorta
                           di errore logico-naturale, qualcosa di arbitrario e irrazionale. «Non ho
                           più saputo – scrive Galilei – che il vento abbia la proprietà di sgombrare
                           e dileguare l’eco, il sogno e l’ombra, ma sì bene il fumo, la nebbia, le
                           nugole e cose tali. Però, per non guastar la metafora si potria dire: “che
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                           in un momento si dilegua e sgombra”» . Galileo però non si accorge,
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                           questi versi una similitudine nascosta, invisibile: quella che «vento» assi-
                           cura tra nebbia, fumo, ecc. e sogno, ombra, eco. È questo paragone lin-
                           guisticamente nascosto, ma semanticamente efficace, (una verità “poe-
                           tica”, linguistico-verbale che, come direbbe Heidegger, rivela velando,
                           una verità che si nasconde mentre si offre allo sguardo, attivando, attra-
                           verso questo gioco, quell’attrazione erotica di cui stiamo parlando.
                                 Un processo “eroticamente” denso di una analoga concettualità
                           indeterminante si trova in una delle costruzioni metaforiche poetica-





                           46  Op. cit., in particolare il cap. III, Che la metafora può non essere la regina delle
                           figure, pp. 65-127.
                           47  Tale tasso non consiste tanto nel numero delle figure presenti nel testo, ma
                           nella «densità del loro tessuto», ivi, p. 12.
                           48  G. Galilei, Scritti letterari, Le Monnier, Firenze 1971, p. 609, cit. in F. Orlando,
                           op. cit., pp. 89-90.
                           49  J. Rousset, L’intérieur et l’extérieur. Essais sur la poésie et le théâtre au XVII
                           siècle, Librairie José Corti, Paris 1968, p. 62.



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