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ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere



                           mente più riuscite del Romeo e Giulietta di Shakespeare, in un distico
                           in cui l’eroe del dramma paragona la sua donna a uno splendido orec-
                           chino che pende sulla guancia di una ragazza etiope: «It seems she
                           hangs upon the Chick of night / Like a rich jewel in an Ethyop’s hear»
                           («Sembra che ella penda sulla guancia della notte / come un ricco gio-
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                           iello all’orecchio di una Etiope» ).
                                 Shakespeare qui non liquida, per così dire, il problema costruen-
                           do una semplice metafora. Dicendo, per esempio, che Giulietta è «un
                           ricco gioiello all’orecchio di una Etiope». In tal caso il tasso di figuralità
                           o di polisemicità si sarebbe certo realizzato, ma sarebbe stato esiguo.
                           L’operazione del poeta è invece più audace ed efficace (per questo è
                           un “classico”). La cosa più importante in questi versi, infatti, secondo
                           Orlando, non è tanto l’arditezza del paragone, quanto il germogliare,
                           sulla comparazione principale («ella pende sulla guancia della notte
                           come un ricco gioiello» ecc.), «di tutto un microsistema metaforico or-
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                           ganico e denso» . Quei versi sono infatti una sorta di elaborazione di
                           tipo onirico che tende a condensare il simile nell’identico, come avreb-
                           be detto Freud. Un’elaborazione che


                              organizza corrispondenze tra coppie di simili, fantastiche equazioni a
                              quattro termini: lo splendore della fanciulla sta a quello del gioiello,
                              come il nero della notte sta al colore della pelle di una Etiope. Che il
                              gioiello sia un orecchino, però, surdetermina l’equazione, innestando
                              nel rapporto metaforico la metonimia dell’orecchio, suscitando, dal-
                              l’altra parte, la guancia per simmetria, e introducendo da entrambe le
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                              parti il predicato del pendere .

                           Il secondo verso, in sostanza, retroillumina (e spiega) il primo fa-
                           cendoci capire e gustare a un tempo il senso, a una prima lettura
                           misterioso, di quella «guancia della notte», che è la proiezione me-
                           taforica della guancia reale, non nominata, ma efficacemente sug-






                           50  W. Shakespeare, Romeo and Juliet, Atto I, Scena II.
                           51  F. Orlando, op. cit., p. 111.
                           52  Ivi, p. 117.



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