Page 95 - Costellazioni 6
P. 95
ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere
uno spirito che ne muove e vivifica tutte le sillabe. Ne ho talvolta sentito
la presenza, ma tutto quello che so è che è lui a far sì che le cose siano
dette e rappresentate simultaneamente; che nello stesso momento in cui
l’intelletto le coglie, l’anima ne è commossa, l’immaginazione le vede e
l’orecchio le sente; e che il discorso non è più soltanto un concatenamen-
to di termini energici [v. la catena saussuriana del significante] che
espongono il pensiero con forza e nobiltà, ma che è anche un tessuto di
54
geroglifici ammassati gli uni sugli altri che lo raffigurano .
Questo «spirito» di cui parla Diderot è forse lo spirito che circola nei
testi dei classici, di cui avvertiamo anche noi la presenza ogni volta
che riusciamo a intercettare quella pluralità tendenzialmente inesau-
ribile di sensi che si ammassano sui significanti e che sono all’origine
dell’erotica del sapere su cui ci siamo soffermati in queste pagine.
6. Che fare?
Se le cose stanno così, che fare? Come possiamo tradurre nella prassi
educativa, noi che operiamo nel “settore”, questo insegnamento amo-
roso, questo discours amoureux, che ci proviene dal mondo classico? Per
esempio, introducendo nella vita scolastica un abito erotico, come au-
spica Massimo Recalcati. Secondo Recalcati la pratica dell’insegnamento
oggi non può limitarsi a essere trasmissione di informazioni e di nozioni
già bell’e fatte, cioè di sole abilità e competenze specifico-tecniche, ma
deve far nascere, proprio mentre trasmette questi contenuti, un rapporto
erotico tra il soggetto (il discente) e l’oggetto del sapere.
Già, ma come si fa? Facendo sorgere, nella mente del discente,
l’idea di qualcosa di sempre più grande rispetto a ciò che, di volta in
volta, si apprende. L’idea che qualcosa rimane sempre refrattario ri-
spetto alle nostre griglie categoriali, alle nostre categorie logico-gram-
maticali sempre de-finite e de-limitate rigorosamente; e si sposta sem-
pre più in là, man mano che noi avanziamo. Come qualcosa di asso-
54 Ivi, p. 32.
93