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ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere


                           gerita dall’orecchio della ragazza etiope su cui pende il «ricco gio-
                           iello» ecc.
                                 Per chiudere, si considerino i versi (433-35) del IX libro del-
                           l’Eneide in cui Virgilio descrive Eurialo morente: «Volvitur Euryalus
                           leto, pulchrosque per artus / It cruor, inque humeros cervix collapsa
                           recumbit». Quell’«it» con cui inizia il secondo verso, a tutta prima,
                           ci appare fuori luogo. Cosa vuol dire, infatti, che il sangue “va”
                           lungo le belle membra del giovane guerriero? Non sarebbe stato più
                           appropriato currit o excurrit? Virgilio sceglie invece it perché, pur
                           se semanticamente approssimativo, è figurativamente più efficace.
                           La sua brevità linguistica raffigura sensibilmente (immaginativa-
                           mente) lo scorrere rapido del sangue e dunque rende meglio l’idea
                           della rapidità della morte che sopraggiunge in un corpo giovanissi-
                           mo. In tal modo una semplice voce verbale si carica di più di un
                           senso: quello letterale e quello poetico-letterario assegnatole dalla
                           scelta stilistica operata dal poeta. Nell’immagine linguistica dell’«it
                           cruor», in sostanza, si ha la percezione del fiotto di sangue che quasi
                           schizza dalla ferita mortale di Eurialo facendocene immaginare la
                           morte imminente. Da questa pluralità di sensi, da questi “geroglifi-
                           ci”, come li chiamava Denis Diderot, che intasano le espressioni lin-
                           guistiche, deriva anche la difficoltà di tradurre “esattamente” un
                           classico. «Più un poeta è ricco di questi geroglifici – scriveva Diderot
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                           nella Lettera sui sordi e muti – e più è difficile da tradurre» . Questo
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                           ticolare il greco e il latino, a causa del gran numero di inversioni che
                           la loro struttura sintattica e logico-grammaticale rende possibili,
                           prevalgono gli “intasamenti” geroglifici, la sovrabbondanza di sensi
                           su quella che Ferdinand De Saussure chiamerà «la linearità del si-
                           gnificante». La spiegazione più convincente di questo fenomeno l’ha
                           fornita proprio Diderot nella Lettera appena citata. C’è, egli scrive,
                           nelle parole di un poeta








                           53  D. Diderot, Lettera sui sordi e muti, a cura di F. bollino, Mucchi Editore, Mo-
                           dena 1984, p. 35.



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