Page 86 - Costellazioni 6
P. 86
ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere
La “vicinanza” dei classici, nonostante la loro “distanza”, sta
proprio in questa mania erotica che essi suscitano nel soggetto erme-
neutico. Le opere dei classici sono ancora oggi per noi dei modelli inar-
rivabili, come dice Marx, non già – riprendendo un motivo centrale
della Querelle des Anciens et des Modernes – per le loro opere di carattere
scientifico, dove prevale, per dirla con benveniste, il sapere del seman-
tico, ma per le produzioni “umanistiche” o storico-sociali, in cui a pre-
valere è il sapere del semiotico. Tutto ciò che rinvia al classico o pro-
viene dal classico non è per noi importante in quanto perfetto, finito,
conchiuso ecc. Questo accade nell’ambito delle discipline del seman-
tico. L’attualità e il fascino delle opere dei classici stanno invece nel ca-
rattere non-finito, aperto, indeterminato di esse, pur nella loro com-
piutezza stilistico-formale e normativa. Ciò si spiega con il fatto che,
come ha ancora sottolineato Agamben, la cesura strutturale tra cono-
scenza effettiva (o dei significati) e conoscibilità (o dei significanti) non
è qualcosa di storicamente contingente e accidentale, ma costitutivo
ed essenziale, perché riguarda l’essere storico dell’uomo in quanto
39
homo sapiens . Fra il semiotico e il semantico si riproduce sempre uno
scarto; una relazione asimmetrica mai simmetrizzabile, per così dire.
Se si risolvesse in una relazione simmetrica, verrebbe meno la tensione
e dunque il piacere a essa connesso.
Questo ci dice il progetto greco-classico, cioè platonico, di un
amore del sapere e di un sapere d’amore. Ci parla di un sapere che
non è né sapere del significato, né sapere del significante, ma si situa
nella frattura che li divide e li costituisce. È questo sapere, in cui co-
municano “dialetticamente” verità e bellezza, che,
al culmine della filosofia greca, Platone aveva fissato nella figura de-
moniaca di Eros; ed è ancora questo sapere che, alle soglie dell’età mo-
derna era apparso ai poeti del Duecento come “intelletto d’amore”
nella figura beatificante di una Donna (beatrice) in cui, finalmente, la
40
scienza gode e il piacere sa .
39 G. Agamben, op. cit., p. 54.
40 Ivi, p. 58.
84