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ROMEO bUFALO, L’amore dei classici. Per un’erotica del sapere
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dici» . La lontananza nel tempo è pertanto la condizione per un giu-
dizio distaccato e meditato, mentre la vicinanza fa velo a una com-
prensione obiettiva perché in genere ci accostiamo alle produzioni
culturali con pregiudizi negativi, con presupposti che ci sono così
connaturati che non ne siamo neanche coscienti. «Solo la scomparsa
di tutti i legami con l’attualità rende visibile la sua [dell’opera] figura
autentica e ne rende così possibile una comprensione che legittima-
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mente può presentarsi come universalmente valida» . Solo da una
certa distanza storica, pertanto, si può raggiungere una conoscenza
obiettiva e si è nella condizione di far venire alla luce il senso vero di
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quel fenomeno storico-culturale che chiamiamo “classico” . Senso
vero che, sottolinea Gadamer, non giunge mai alla sua conclusione,
ma si esplica in un processo infinito. Classico, da questo punto di vista,
significa che la portata e «la forza comunicativa di un’opera è, in linea
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di principio, illimitata» .
3. Per amore, solo per amore
L’accenno al carattere illimitato, tendenzialmente inesauribile, del
senso, anzi, dei sensi racchiusi in un testo classico, richiama molto da
vicino la natura costitutivamente dialogica del senso di un’opera di
cui parla Hans Robert Jauss in Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria
e ci consente di fare qualche passo avanti in ordine al problema che
stiamo discutendo. Se ci chiediamo infatti quale sia la ragione della
persistenza sovratemporale di un “classico”; quale sia, cioè, il motivo
per cui la distanza temporale è una condizione decisiva per la sua
comprensione, possiamo individuarla proprio nell’eccedenza di senso
cui ogni classico dà vita pur nella sua compiutezza e “perfezione” for-
male. La forma, cioè, in un “classico”, non delimita un unico senso,
15 Ivi, p. 347.
16 Ibidem.
17 Ivi, p. 348.
18 Ivi, p. 339.
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