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MICHELE NAPOLITANO, Il liceo classico: qualche idea per il futuro



                           troppo sulla categoria di alterità, sulla distanza che ci separa dagli an-
                           tichi, a scuola può sortire effetti negativi, può indurre sentimenti di
                           delusione: la delusione, ad esempio, che scorsi negli occhi di una gio-
                           vane studentessa liceale alla fine di una lezione che avevo speso nel
                           tentativo di dimostrare che Saffo e Emily Dickinson sono due cose
                           molto diverse. Quella delusione era la delusione di chi si sente defrau-
                           dato di qualcosa. A scuola a questo aspetto bisogna stare attenti: si ha
                           a che fare con sensibilità fresche, con entusiasmi brucianti, che è op-
                           portuno non spegnere in modo troppo reciso in nome della verosimi-
                           glianza storica. Cercare punti di contatto tra gli antichi e noi non fa
                           male a nessuno, specie se chi guida la ricerca è in grado di indirizzarla
                           nella giusta direzione: è proprio questo uno dei punti di forza dei
                           «Classici contro» di Alberto Camerotto e di Filippomaria Pontani, una
                           molto fortunata iniziativa che promuove ormai da anni, con equilibrio
                           e passione insieme, la riflessione sull’antico in relazione alle categorie
                           del presente.
                                 Sulla categoria stessa di distanza si potrà semmai spingere gli
                           studenti a riflettere prendendo spunto dall’attualità. Un esempio?
                           Nel settembre del 2016 sono stati in moltissimi a seguire con ammi-
                           razione le imprese di bebe Vio, la fiorettista quadriamputata che alle
                           Paralimpiadi di Rio de Janeiro ha conquistato, al termine di gare esal-
                           tanti, l’oro individuale e il bronzo nella competizione a squadre. I te-
                           lecronisti sportivi che ne seguirono in diretta le gare e i giornalisti
                           della carta stampata seppero trovare le parole che servivano per esal-
                           tare le straordinarie doti agonistiche di bebe Vio. Pindaro, da parte
                           sua, non che esaltarne le imprese, di bebe Vio avrebbe con ogni pro-
                           babilità riso a crepapelle: una donna, per giunta quadriamputata,
                           che si mette in testa di fare sport, per giunta alle Olimpiadi! Un’atleta
                           così lontana da ogni possibile ideale di integrità fisica per Pindaro
                           avrebbe rappresentato un fenomeno incomprensibile, un vero e pro-
                           prio scandalo, anzi, del tutto in linea con la valutazione recisamente
                           negativa elaborata nel mondo antico, non solo in Grecia e a Roma,
                           in relazione alla dimensione della disabilità fisica. Ecco un buon
                           esempio di lampante, persino stridente differenza tra noi e gli antichi
                           sul piano della sensibilità, umana e culturale. Noi migliori degli an-
                           tichi? In questo caso forse sì, anche se è bene ricordare che, soprat-
                           tutto da noi, la sensibilità ai temi della disabilità, Paralimpiadi com-



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