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MICHELE NAPOLITANO, Il liceo classico: qualche idea per il futuro
siano tuttora preminenti sulla realtà viva e vitale dei testi. Il che, oltre
a essere controproducente in sé, si rivela a maggior ragione fuori luogo
quanto più si consideri il fatto che a scuola il greco si insegna a prezzo
di ben costosi compromessi: fuori da ogni sistematica prospettiva sto-
rica, ad esempio. Fuor di metafora: ha senso, mi chiedo, puntare tutto
sulle regole quando poi a scuola si sia costretti a insegnare che in greco
esistono due distinti modelli di alternanza apofonica o che la coniu-
gazione dei verbi tematici prevede un sistema di desinenze del tutto
indipendente da quello che serve alla coniugazione degli atematici, e
così via fantasticando? Quando si sia costretti, cioè, a semplificazioni
che nel migliore dei casi determinano imprecisioni e nel peggiore vere
e proprie falsificazioni? Che si insegni dunque agli studenti l’essen-
ziale, ovvero quanto serve a entrare in contatto con i testi e a intenderli,
senza ridurre l’insegnamento della lingua a quel fatto di apprendi-
mento meccanico, mnemonico, che in fondo è sempre stato, a scuola.
Che si insegni insomma agli studenti il piacere del testo, rendendolo
vivo, sottraendolo il più possibile alla muta fissità del nero dei caratte-
ri, del bianco della pagina: una strategia più che mai vitale, ove si abbia
a che fare con una lingua morta. Per questo, assai più che far imparare
a memoria regole de eccezioni, sarà utile rendere gli studenti sensibili,
ad esempio, al gioco, quanto mai mobile e cangiante, dei livelli di lin-
gua e di stile, insegnando loro a distinguere tra alto e basso, tra solenne
e colloquiale. Insegnando loro, anche, senso e funzione delle particelle,
la cui ricca, multiforme espressività a scuola finisce, ove non si perda
del tutto, per mortificarsi in rese tanto imprecise quanto goffe e scle-
rotizzate. Imparare a sentire differenze là dove gli antichi le sentivano,
per riprendere il vecchio adagio di Alphonse Dain. Apprendere a ri-
conoscere il tenore e il grado di espressività degli enunciati nei testi
che ci si trovi a prendere in esame, è più che mai vitale anche in fun-
zione della resa dei testi che si è chiamati a tradurre: se a scuola si pro-
ducono così spesso traduzioni implausibili è anche, se non soprattutto,
in forza della preminenza accordata alle norme grammaticali a spese
di ogni altro possibile aspetto del testo.
Vorrei poi che al classico gli studenti non fossero chiamati a
imparare a pappagallo i tratti linguistici distintivi del greco, e fossero
messi invece nella felice condizione di capirne le ragioni profonde.
Inutile presentare agli studenti in modo più o meno apodittico i fe-
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