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MICHELE NAPOLITANO, Il liceo classico: qualche idea per il futuro
formazione umanistica sia in grado di garantire a chi la scelga, più e
meglio che altri e diversi percorsi formativi, pensiero critico, flessibilità
mentale, vivacità di sguardo, creatività, fantasia. Tutte doti che, prezio-
se in quanto tali a «rendere una società più degna di essere non solo di-
fesa, ma amata e vissuta», oggi si rivelano più utili che mai: la flessibi-
lità mentale come antidoto alla rigidezza cognitiva e intellettuale, la
fantasia e la creatività come benefico contrappeso al fanatismo politico
e religioso, e così via. Il che, sarà bene ricordarlo, bettini crede non solo
della formazione umanistica in generale, ma anche, più specificamente,
dell’insegnamento e dello studio del greco e del latino, al quale d’al-
tronde dedica una sezione corposa del suo libro.
Sarà bene dunque, ancora una volta, sfuggire alla tentazione di
predicare con vacuo, elitistico compiacimento l’inutilità della paideia
umanistica, greco e latino compresi: un po’ perché, stanti le cose come
stanno, predicare l’inutilità del greco e del latino non è certo la migliore
delle strategie possibili per cercare di garantire loro un futuro, un po’
perché probabilmente non è vero. Voglio anche dire però, con tutta chia-
rezza, che al di là delle benefiche ricadute, anche di ordine pratico, che
il loro apprendimento mostra tuttora di determinare, il greco e il latino
non hanno bisogno di piazzisti. L’idea che deve passare è un’altra, ovvero
che il greco e il latino, al di là della loro eventuale spendibilità immediata,
meritano di continuare a essere studiati in quanto tali: non solo, cioè, per
quello che sono ancora in grado di dare ai nostri giovani in relazione al-
l’iter di formazione universitaria e poi in funzione delle esigenze deter-
minate dal mercato del lavoro, ma anche per quello che sono. A monte
di ogni possibile ragionamento volto a dimostrare l’utilità del greco e del
latino in chiave, per così dire, strumentale, bisognerebbe cercare di non
dimenticare mai una cosa che a me sembra ovvia, e come a me a tanti, e
che però tende a essere persa di vista troppo spesso, ovvero che il senso
sempre vivo dello studio delle lingue e delle culture classiche risiede in-
tanto nel fatto che, senza quelle lingue, senza quelle culture, ci si con-
danna a non capire il grosso di quanto la cultura occidentale ha prodotto
nel corso dei suoi due millenni di storia, ripensando di continuo, nelle
più diverse forme, la tradizione culturale classica, il patrimonio lingui-
stico e culturale codificato da Greci e Romani.
Sarà ancora lecito dirlo, questo, senza passare necessariamente
per parrucconi? Sarà ancora lecito pronunciare parole come cultura,
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