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MICHELE NAPOLITANO, Il liceo classico: qualche idea per il futuro


                           nomeni di allungamento di compenso, tanto per prendere un esem-
                           pio dal campo, più che mai trascurato, della fonetica, senza spiegarne
                           loro il funzionamento: perché si tratta di fenomeni di allungamento,
                           cosa vuol dire “compenso” e perché tali fenomeni siano ripartiti in
                           tre categorie distinte. Ecco, di nuovo, un aspetto essenziale: far pas-
                           sare a scuola l’idea che i fatti di lingua siano da leggere in prospettiva
                           storica, esattamente come i fatti pertinenti alla storia letteraria. Nes-
                           sun fenomeno linguistico esiste da sempre, né è destinato a esistere
                           per sempre: i fatti di lingua nascono, vivono e muoiono, come tutto,
                           a questo mondo. E spesso i fenomeni linguistici sono ordinabili se-
                           condo linee di cronologia relativa, come avviene, appunto, nel caso
                           dei tre allungamenti di compenso del greco: gli ordinali, primo, se-
                           condo, terzo, che servono a distinguerli nei manuali, indicano la loro
                           maggiore o minore antichità nel tempo. I primi allungamenti di com-
                           penso più antichi dei secondi, dunque; i secondi più antichi dei terzi.
                           Il che si può dimostrare passo dopo passo, come avviene per i teore-
                           mi in matematica. Nel corso della parte introduttiva ai miei moduli
                           di triennio, quando mi trovo di fronte agli studenti di primo anno,
                           non rinuncio mai a dedicare alcune lezioni agli allungamenti di com-
                           penso, e posso assicurarvi che, nel momento in cui realizzano il per-
                           ché delle cose, il loro funzionamento, appunto, gli occhi dei miei stu-
                           denti brillano regolarmente di un entusiasmo che non esito a definire
                           commovente.
                                 Ancora un esempio, di altro segno. L’insegnante che voglia af-
                           frontare con i suoi studenti, anche solo in superficie, il problema costi-
                           tuito dalle varietà dialettali del greco di primo millennio dovrà porre
                           attenzione a distinguere tra dialetti di stirpe, parlate epicoriche e dia-
                           letti letterari. Lo potrà fare in chiave teorica, certo, definendo in astratto
                           le tre categorie che ho appena evocato. Ma nel caso in cui si voglia spie-
                           gare agli studenti cosa vuol dire “dialetto letterario” nulla al mondo
                           potrà mai rivelarsi tanto efficace quanto la scelta di sottoporre loro una
                           porzione anche minima di testo. Un verso, ad esempio, anche uno sol-
                           tanto, purché significativo, come, tra mille altri, il tetrametro dattilico
                           lirico che apre la cosiddetta “ninna nanna di Filottete”, il canto che
                           serve al coro dei marinai di Neottolemo per accompagnare il sonno nel
                           quale l’eroe sofferente è caduto dopo l’ennesima crisi del suo male:
                           «ὕπν᾽ ὀδύνας ἀδαής, ὕπνε δ᾽ ἀλγέων», «sonno, che non conosci do-



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