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MICHELE NAPOLITANO, Il liceo classico: qualche idea per il futuro
mai in passato, il coraggio e la forza di fare i conti con il mondo nel
quale ci tocca di muoverci così come esso si presenta ai nostri occhi:
isolandone i guasti e cercando però a un tempo di fare tesoro delle
molte opportunità nuove che esso pure offre. La retorica dell’accer-
chiamento, la sindrome da riserva indiana, la predicazione, tanto com-
piaciuta quanto in fondo elitistica, di un’alterità insanabilmente alter-
nativa rispetto alla realtà delle cose, a questo non servono. Né serve
configurare in termini di orgoglioso, persino eversivo ribellismo l’at-
teggiamento che, di fronte alla realtà delle cose, le giovani generazioni
dovrebbero tenere, immaginando peraltro, con una certa dose di in-
genuità, che un atteggiamento del genere possa rivelarsi in grado di
contrastare la corsa del mondo.
Ci sarebbe piuttosto da domandarsi perché le giovani genera-
zioni esprimano oggi in così larga misura il loro disagio non tanto con-
trapponendosi attivamente al sistema, all’ordine costituito, alla ricerca
di valori nuovi e alternativi, quanto piuttosto retrocedendo su posi-
zioni di rinuncia stanca e disillusa, incapace di progettualità e di spe-
ranze, fino appunto al rifiuto dell’idea stessa di formazione e di studio.
E ci sarebbe da chiedersi, anche, perché le mille opportunità nuove
che il mondo oggi offre alle giovani generazioni siano in fondo così
poco sfruttate. Farò un solo esempio. YouTube mette a disposizione
gratuitamente, a portata di un semplice clic, una quantità letteralmente
incalcolabile di prodotti culturali: musica, teatro, cinema, che un
tempo, quando ero giovane io ad esempio, erano accessibili solo a chi
quei prodotti se li trovava in casa, o aveva almeno alle spalle una fa-
miglia che fosse in grado di investire in cultura, e fosse a un tempo
così lungimirante da farlo. Eppure, tra i miei studenti sono pochissimi
coloro che danno prova di approfittare di questa straordinaria oppor-
tunità: ne prendo atto con grande tristezza, nel vedere da un lato una
mensa mai così lautamente imbandita, mai così liberamente accessi-
bile, e dall’altro un pubblico potenziale, quello dei nostri giovani, che
mai come oggi sembra afflitto da inappetenza, se non da vero e pro-
prio disgusto. Ora, io credo che tutto questo si dia perché le giovani
generazioni avvertono come non era forse mai avvenuto prima d’ora
l’inutilità di sforzi che, in grado un tempo di garantire opportunità in
forza del riconoscimento di diritti e di meriti, di competenze e di ta-
lenti, e di promuovere insieme l’ascesa sociale dei ceti più deboli in
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