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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»
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scienza di un’occasione perduta» . In questo senso, le parole appena
riportate rifle ono anche il bisogno di Savinio di lasciarsi alle spalle
l’ambizione che lo aveva spinto a chiedere il trasferimento da Ferrara
e a sognare l’avventura in trincea, e sanciscono l’acce azione dell’or-
mai definitiva irrealizzabilità del suo desiderio di affermazione di fe-
deltà alla patria a raverso l’esperienza militare. Ciò non comporta tut-
tavia un ripiegamento su se stesso e un rifiuto dell’impegno politico.
L’autore non aveva mai smesso, tra l’altro, di interessarsi alle sorti
dell’Italia, benché il confli o fosse sempre troppo lontano da lui. Il 4
maggio scriveva a Soffici:
Le angoscie [sic] che tu risenti, le risento io pure – e, allora, nell’autunno pas-
sato, per noi quaggiù fu più dura, ché s’era lontani e privi di notizie. Ti puoi
figurare! Non conviene però fermarsi su le bru e tappe del nostro cammino.
Anche per i fa i della nazione, val meglio seguire l’esempio del nostro spirito:
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andare sempre avanti e avere fede .
Una grande empatia verso l’amico che, da due anni ormai, si trovava
in zona di guerra, emerge da queste parole. A essa si unisce il tono pa-
trio ico che cara erizza le le ere di questo periodo e che rende mani-
festa la sua condivisione della diffusa idea della guerra come occasione
di risca o dell’Italia agli occhi del resto del mondo. La vi oria dell’ar-
mata italiana sul Piave dà ulteriore vigore a tale posizione e Savinio si
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dice invidioso di Soffici che ha potuto seguirne i fa i da vicino , ma
la guerra non è più, ormai, un mezzo di rivalsa personale.
Dal riscatto personale al riscatto nazionale
La fine del conflitto determina l’apertura dello sguardo di Savinio
oltre la propria individualità. Come si evince dai testi scritti dalla
fine del conflitto fino all’inizio degli anni Venti, egli è convinto che
43 Ivi, p. 67.
44 Le era a Soffici del 4 maggio 1918.
45 Le era a Soffici del 5 luglio 1918.
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