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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»
Savinio esalta l’ecle ismo del popolo italiano, cara eristica che lo
rende armonico e vivo, sempre aperto ai nuovi stimoli, alle evoluzioni
e capace di rialzarsi di fronte alle difficoltà. A questo a eggiamento
fiducioso deve aver contribuito anche la sicurezza derivante dagli ac-
cordi stre i con Vallecchi per la pubblicazione in volume di Herma-
phrodito che, almeno temporaneamente, doveva dargli una sensazione
di risca o dalle difficoltà anche linguistiche che aveva riscontrato du-
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rante la stesura e che contribuivano al suo complesso di apolide .Ora
più che mai, nonostante la delusione al fronte, Savinio sente di appar-
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tenere alla Nazione italiana («il mio Paese», lo chiama finalmente ),
per la quale ha grandi proge i.
La partecipazione all’iniziativa della «Vraie Italie» nasce infa i
da questo fermento, che ben si sposa con l’idea di una rivista destinata
a far conoscere adeguatamente l’Italia e la sua ricchezza intelle uale
all’estero. Esaurita quest’esperienza, Savinio non si ferma: continua a
sollecitare Papini affinché guidi azioni più marcatamente politiche,
collabora con molte riviste in cui a più riprese so olinea la necessità
per l’artista di lavorare con lo scopo di stimolare le coscienze, ribaden-
done dunque il ruolo sociale. Si lascia così tanto trascinare dall’impeto
del cambiamento che finisce persino per appoggiare, in parte, gli ini-
ziali proge i di Mussolini. Nel primo dopoguerra la ricerca identitaria
di Savinio a raverso il riconoscimento nazionale è cara erizzata da
un a eggiamento di rinnovata sicurezza e fiducia che prende il posto
della delusione e dell’insoddisfazione. Alla ba aglia con le armi si so-
stituisce la ba aglia ideologica, segno dell’individuazione del proprio
ruolo di artista e intelle uale all’interno della società.
56 Si vedano, oltre che le le ere a Papini del 1916, i primi due capitoli di P. Italia, Il pel-
legrino appassionato, cit. Savinio è tu avia ben lungi dal sentirsi sicuro nel territorio della
lingua italiana, come dimostra il suo grande impegno per superare «tu e quelle man-
chevolezze e [...] tu e quelle scorie» di cui ancora sente il peso (si veda la le era a Soffici
del 14 maggio 1919).
57 Le era del 31 luglio 1918.
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