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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»


                L’immediata impressione di Paleari è che dietro questa parvenza di
                bellezza e pulizia, anche gli scritturali posseggano gli stessi istinti
                degli altri e siano altrettanto vigliacchi, con l’aggravante di mostrarsi
                finti.
                     Savinio non ha pietà per nessuno dei suoi commilitoni, dipin-
                gendoli come esseri abbrutiti e corrotti dai vizi, lontanissimi dal-
                l’ideale militaresco che doveva avere quando per la prima volta scri-
                veva a Guillaume da Ferrara o quando insisteva per essere assegnato
                a incarichi di maggiore impegno. Egli si mostra sempre accuratamen-
                te distaccato dai loro impulsi, come emerge in maniera chiara in La
                turca, dove il protagonista si rifiuta di partecipare alla caccia alla fan-
                ciulla compiuta dai soldati, più desideroso di godere del contatto con
                la natura e delle reminiscenze letterarie che essa richiama. Qui la ce-
                lebrazione della propria nobiltà d’animo culmina, non a caso, nell’in-
                contro con la sventurata ragazza, con la quale si comporta da vero
                cavaliere nascondendola nella propria stanza per proteggerla, senza
                sfiorarla. Coerentemente con questi modi galanti, prima di dormire
                legge un romanzo cavalleresco che sembra quasi un manuale dell’uo-
                mo valoroso. Il russare della ragazza interrompe la solenne lettura,
                espediente ironico che serve a Savinio per sottolineare l’astrattezza
                del suo ideale. L’autore cerca dunque di distinguersi dal contesto mi-
                litaresco che lo ha completamente deluso, mostrando un persistente
                attaccamento a un’immagine gloriosa del soldato che, tuttavia, viene
                ridicolizzata e si rivela dunque irrealizzabile. D’altro canto, come si
                è detto, le sue aspettative rispetto all’avventura greca erano state de-
                luse in partenza.


                   Paleari era completamente sfaccendato in quella caserma. L’avevano man-
                   dato dall’Italia in Macedonia per riempire certa carica di scritturale. Giunto
                   a Salonicco e presentatosi al Comando di destinazione, s’era sentito dire che
                   le mansioni per le quali l’autorità suprema dell’Esercito gli aveva fatto com-
                   piere un così grande spostamento a traverso terre e mari, erano assolutamen-
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                   te inutili: per ora, non avevano nessun bisogno dei suoi servigi .





                36  Ivi, p. 62.


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