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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»


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                mondo» . Il viaggio trascorre all’insegna di incontri con personaggi
                che sono spesso la caricatura di se stessi e che Savinio ritrae con la con-
                sueta ironia, ma tocca delle punte di grande intensità quando il pro-
                tagonista viene a conoscenza dell’esistenza, in uno dei cimiteri di guer-
                ra macedoni, della tomba di un soldato italiano rimasto anonimo. La
                narrazione assume a questo punto i contorni di una meditazione dai
                toni drammatici a proposito della morte in terra straniera:


                   Dimmi fratello, la terra estranea ha qualche succo riscaldante le tue ossa? Ti
                   accolse bene? Ti riconobbe figlio? Concesse a te la più gran sorte, quale con-
                   viene a quelli che morirono in ba aglia? Dimmi, fratello. Oppure triste e fred-
                   do è il tuo riposo, e ti so erri solo per isfuggire al crudo lume dei viventi, poi
                   ti alzi nella no e e vai vagando so o la stella che tu stesso ti accendesti? 41

                L’accento pomposo di queste parole non impedisce al lettore di co-
                gliervi un grande sentimento di empatia, attraverso il quale si fa
                largo il disagio di apolide di chi scrive, verso un soldato che non ha
                goduto del privilegio di essere seppellito in patria.
                     Nelle carte d’archivio che prendono il titolo Il ritorno dell’argo-
                nauta, il soldato in questione si identifica con Innocenzo Paleari, che
                abbiamo visto essere un alter ego di Savinio nei testi finora analizzati
                e che invece qui rappresenta l’amico perduto. Il pensiero di quest’ul-
                timo è quasi un’ossessione che il protagonista cerca di scacciare:


                   Va’ Paleari, abbi pazienza! vattene; dormi; lasciami vivere; ormai, che ci vuoi
                   fare? … sei morto, povero amico mio… Perché t’ostini a starmi addosso? …
                   Ti devo ben lasciare […] .
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                La volontà di respingere il ricordo di Paleari sembra proprio confer-
                mare l’idea, espressa da Paola Italia, che egli sia «la proiezione eroica
                di una guerra non comba uta, […] un costante rimorso, la vigile co-





                40  A. Savinio, Fòskolos, cit., p. 13.
                41  Ivi, p. 19.
                42  P. Italia, Dopo la partenza dell’argonauta. Nuovi testi di Alberto Savinio tra «Hermaphrodito»
                e «Achille innamorato», in «Antologia Vieusseux», III, n.s., 7, maggio-luglio 1997, p. 65.


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