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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»


                mente alla divinità. Troviamo, nel testo saviniano, anche quel mescola-
                mento tra esaltazione della virilità e avventura patrio ica compiuto
                dagli scri ori futuristi, nonché gli aspe i vitalistici delle opere sofficiane.
                     Tanta solennità viene ben presto annullata da un’immagine poco
                edificante, che smentisce in un a imo la rappresentazione del militare
                come uomo valoroso e predestinato. Il soldato che si trova nello stesso
                scompartimento del protagonista dorme a bocca aperta, sudato, senza
                che questo gli impedisca di bere ritmicamente vino rosso dal fiasco
                che ha so o il sedile, e si sveglia solo quando lo ha svuotato, per poi
                lanciarlo dal finestrino tra le imprecazioni. La virilità di quest’uomo
                si riduce a una mano dall’aspe o di una radice, poiché è ruvida e se-
                gnata da una cicatrice, con dita giallognole e dalle grosse unghie. Di
                fronte a questa scena si fa largo nel protagonista il desiderio di eva-
                sione e, per consolarsi, egli torna alle sue alte riflessioni e ai suoi sogni
                di gloria, condannato però a restare ancorato alla realtà dall’essere
                quasi mostruoso che gli sta accanto:


                   Mentre io mi gonfio d’orgoglio perché il treno mi porterà molto più lontano,
                   verso destini più ardui di quelli che si possano affrontare nel chiuso di una vil-
                   le a barocca della riva adriatica da giugno a se embre, il gigante mio vicino
                   apre un occhio e maledice la borghesia .
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                Il capitolo è pieno di scene di questo tipo, in cui all’innalzamento del
                pensiero del protagonista corrisponde un subitaneo abbassamento
                dato dall’irrompere, nella narrazione, di figure di soldati bruti che ri-
                dono in modo scimmiesco, amano i canti goliardici e sono dediti al-
                l’alcol e al gioco d’azzardo. La discesa del treno lungo l’Italia, che si
                prefigurava come cammino verso la gloria, assomiglia invece a uno
                sprofondamento nei più animaleschi istinti dell’uomo. D’altro canto,
                anche gli incontri con personaggi dai modi apparentemente più edu-
                cati si rivelano deludenti. È il caso del «bisantino, italiano di oriente,
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                al presente soldato nel R. Esercito» , che parla in francese e non esita





                22  Ivi, p. 114.
                23  Ivi, p. 149.


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