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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»


                un secondo testo di cui un solo episodio si presenta in forma completa,
                identificabile col titolo (Il monocolo), e del Ritorno in patria, che è in parte
                sovrapponibile a Fòskolos. Questi scri i da un lato offrono uno sguardo
                più che disincantato sulla vita militare, ma dall’altro lasciano trasparire
                il sogno saviniano della guerra vera e propria. Si cercherà di mostrare,
                in questa sede, l’evolversi di questi due elementi a raverso i testi dei
                mesi trascorsi sul fronte macedone, suggerendo come essi vengano
                superati nel bilancio finale che Savinio fa dell’esperienza bellica e cer-
                cando di definire lo stre o rapporto che sussiste tra le iniziali aspira-
                zioni dell’autore e le posizioni nazionaliste del dopoguerra.



                Tra sogno e disincanto

                La partenza dell’argonauta ci presenta il giovane Savinio in viaggio verso
                Salonicco, carico di speranze e aspe ative, perfe amente in linea con
                i discorsi di propaganda e di incitamento dell’esercito:


                   Mi sento stupendamente tranquillo, […] nel tascone sinistro della mia giubba,
                   il foglio pergamenato su cui, manu militari, qualche uomo, indubbiamente po-
                   tente ma oscuro per me, ha tracciato il mio destino con cara eri indelebili. La-
                   scio le mie forze inoperose, poiché su di esse sento sovrastare una forza più
                   grande, generata e come associata al triplice fantasma di: Governo, Esercito,
                   Nazione. Questa forza mi avvia e mi dirige con una spinta lenta ma irresisti-
                   bile, per cui la mia volontà riposa e mi cullo beato nell’apatia cui mi costringe
                   l’a uale mia qualità di molecola infinitamente piccola nell’immenso corpo
                   dell’armata fa a con l’ossa e la carne e nutrita con il sangue di tu a la valida
                                               21
                   maschilità della nostra grande Terra .

                Il tono esaltante di queste parole risente senz’altro della retorica dell’ub-
                bidienza, nella quale si afferma e si fonde la libertà del singolo, tanto
                esaltata nei Discorsi militari di Boine. La volontà dell’individuo si abban-
                dona alla volontà colle iva, quasi come il credente si abbandona cieca-






                21  A. Savinio, Hermaphrodito, in Id., Hermaphrodito e altri racconti, cit., p. 109.


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