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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»


                bilmente chiamati a comparire presso il distretto militare alla noti-
                zia dello scoppio della guerra:


                   In uno di quei pomeriggi fiorentini, in cui la bellezza della ci à è, so o l’arco di
                   zaffiro, più classica che mai, […] conobbi i due fratelli siamesi (per così dire)
                   Giorgio de Chirico e Alberto Savinio. Italiani avevano aperti gli occhi alla luce
                   so o il Partenone, e ancora nonostante le vesti accuratamente parigine, emana-
                   vano intorno una certa aura di efebi raggi […]. Erano giunti qualche giorno
                   prima da Parigi già funestata dalla guerra; avevano sentito il bisogno di vedere
                   in quel primo terribile trambusto enosigeo la loro patria d’origine, e se ne mo-
                   stravano ‘fort touchés’. […] Due campioni della grande razza, irriducibilmente
                   italiani, come il diamante è irriducibilmente diamante. Parevano vivere, pure
                   a raverso qualche strada banale dell’o ocento, rintronata dai tramvai, troppo
                   grandi per tanta ristre ezza, nell’atmosfera storica più gloriosa. […] Se l’Italia
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                   fosse entrata in guerra, essi sarebbero stati soldati .
                Per citare nuovamente Baldacci, con la guerra imminente «la Patria,
                da ogge o astra o di un desiderio ideale, si trasformava di colpo in
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                una realtà concreta» .
                     Alberto Savinio e Giorgio De Chirico, dopo aver trascorso anco-
                ra alcuni mesi a Parigi, vengono arruolati a Firenze il 3 giugno 1915,
                pochi giorni dopo l’ingresso dell’Italia nel confli o. Passano dapprima
                per Torino, dove Savinio deve fare subito i conti con la sensazione di
                inadeguatezza rispe o alle proprie origini. In una pagina di Infanzia
                di Nivasio Dolcemare egli racconta:


                   Nel maggio 1915, Nivasio Dolcemare arrivò dall’estero alla stazione di Torino.
                   Lo indirizzarono a un tavoline o presso il cancello degli arrivi, dietro il quale





                3  B. Binazzi, recensione a Hermaphrodito nel «Giornale del Ma ino», 2 marzo 1919. Ora
                in E. Cohen (a cura di), Alberto Savinio, catalogo della mostra tenutasi a Ferrara presso
                la Galleria Civica d’Arte Moderna, Palazzo dei Diamanti, 5 luglio-5 o obre 1980, SIACA,
                Cento 1980.
                4  P. Baldacci, Il significato di un centenario. Le tre metafisiche di Giorgio de Chirico (Milano e
                Firenze, Parigi, Ferrara), in Id. (a cura di), De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie, ca-
                talogo della mostra tenutasi a Ferrara presso il Palazzo dei Diamanti, 14 novembre 2015-
                28 febbraio 2016, Fondazione Ferrara Arte, Ferrara 2015, p. 29.


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