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MARTINA VOLPE, «Morire secondo i regolamenti». Gli intelle uali della «Diana» al fronte
andarmene
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senza destino .
Ungare i, appresa da Marone la notizia della morte di Cestaro avve-
nuta per mala ia l’11 o obre 1918, avvilito e sempre più amareggiato
per il destino di morte a cui si avviavano in quegli anni molte persone
a lui care, commemora l’amico tramite una le era inviata dall’Ufficio
informazioni del II Corpo d’Armata, dove era stato appena trasferito
(e dove rimase fino alla fine della guerra grazie all’intervento di Ar-
dengo Soffici. Anche il soldato Ungare i, tra il luglio e l’agosto del
1918, esaurito, esausto e con i nervi a pezzi, chiede e o iene l’allonta-
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namento dal fronte ).
Mio caro Gherardo, vivo tra la morte; eppure sono senza rassegnazione. Ogni
volta è una notizia inaspe ata; e rimango delle ore allibito.
Ma ora, ma ora tu mi dai un dolore troppo violento. Povero caro dolce Mario;
uno dei pochi nei quali sperassi; cosa posso dire; non so commemorare; so sof-
frire; la sua poesia era una fioritura d’occhi, d’occhi grandi vividi, intensi, d’oc-
chi riflessivi, inondati dal segreto della luce che prodigavano docilmente; era
troppo luminosa la vita che vedevo crescere in lui; delusioni, delusioni; questa
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crudeltà m’è data, questo buio .
Il rapporto che lega Annunzio Cervi alla «Diana» è certamente signi-
ficativo. Natio di Sassari, Cervi era a ivo a Napoli fin dal 1908 e già
nel 1914 , dalle pagine della rivista «L’Eco della cultura», polemizzava
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contro l’arretratezza dell’ambiente culturale napoletano, di cui lamen-
tava il provincialismo e l’immobilismo. Il sodalizio le erario con i dia-
nisti è avviato nel terzo fascicolo (marzo 1915), in cui Cervi pubblica
58 Id., Oasi, in «La Diana», II, 11-12, novembre-dicembre 1916, p. 208.
59 Cfr. G. Ungare i, Da una lastra di deserto, cit., p. 176, nota 3.
60 Ivi, p. 175.
61 Tra gli ideatori anche di «Vela latina» (rivista alla quale collaborò fino alla ro ura con
il suo dire ore Ferdinando Russo), pubblicò nel 1914 per le edizioni di «Vela Latina» Il
toro di Falaride e nel 1917 il testo Restiamo bombardieri del re (Zoppelli, Treviso), mentre le
liriche che scrisse fino al 1914 vennero raccolte postume da E. Pappacena nel volume
Liturgie dell’anima, Masciangelo, Lanciano 1922.
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