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MARTINA VOLPE, «Morire secondo i regolamenti». Gli intelle uali della «Diana» al fronte



                   tremebonde. Ma noi che l’abbiamo chiesta a grande voce e ripetutamente que-
                   sta ora più non dobbiamo gridare. […] Raccogliamo le nostre carte e faccia-
                   mone qualche pacco, sopra ognuno poche parole, sopra uno tu a la vita: le ere
                   buone… Non è vergogna restare con le proprie cose a colloquio, tu i i libri toc-
                   care, come persone care. Noi partiamo per un lungo viaggio con le speranze
                   nel cuore, e nell’ora dell’addio anche i libri severi sanno dolcemente parlare.
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                   […] Oggi è il giorno delle cose umili e dei silenzi perfe i .

                I primi mesi del confli o sono probabilmente i più complessi, poiché sor-
                prendono moltissimi soldati, giovani volontari ma anche ufficiali, del
                tu o impreparati a contrastare militarmente e sopportare emotivamente
                lo scenario bellico. In redazione giungono notizie di lu i di amici e la
                conta delle perdite inizia a scavare quelle profonde voragini che sono il
                lascito delle più orribili esperienze. Per tu i un sentimento colle ivo di
                delusione. Non vi era né catarsi né alcuna purificazione o rigenerazione
                nella guerra. Come scrive D’Antuono «le ba aglie sull’Isonzo avevano
                fa o emergere la barbarie bellica e la reale natura del confli o, l’annien-
                tamento totale dell’individuo, la sua nullità» . Marone fu uno dei primi
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                dianisti a riconoscere i segni della crisi ideologica e voltando le spalle ai
                maestri chiassosi, cercò il silenzio e l’equilibrio. La svolta, significativa per
                lo scri ore ma per l’intera rivista, è contenuta nell’articolo Una stra a alla
                barra, in antitesi con il testo d’esordio del primo fascicolo del 1915, La barra:


                   Occorre talora fermarsi a guardare nella propria anima. E non gridare soltanto
                   perché nel grido troppo alto, quando la gola è gonfia e le arterie sembra vo-
                   gliano scoppiare, sale il sangue agli occhi e non ci si vede più. Noi l’abbiamo
                   questo triste dife o anche troppo, noi che abbiamo avuto a balia Gabriele
                   d’Annunzio e a prece ore Giovanni Papini. […] C’è tanto fracasso d’intorno
                   oggi che si prova la smania d’un poco di silenzio. E si ritorna a Croce .
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                Per lo sviluppo della rivista l’appuntamento con la guerra è necessa-
                rio. Alla fine della prima annata, pur nella diversità dei contributi,





                28  G. Marone, Il commiato, in «La Diana», I, 7, 31 maggio 1915, pp. 129-130.
                29  N. D’Antuono, op. cit., p. 27.
                30  G. Marone, Una stra a alla barra, in «La Diana», I, 14, 31 o obre 1915, p. 250.


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