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MARTINA VOLPE, «Morire secondo i regolamenti». Gli intelle uali della «Diana» al fronte
l’esaltazione delle madri italiane che «con grido concorde e forte animo
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rispondono oggi al richiamo di un’altra più grande madre» , la giovi-
nezza che un anno di a esa ha reso più fiera e pronta per l’intervento.
Quanto allo stile, i primi fascicoli grondavano di composizioni retoriche
e il tono oratorio, talvolta intriso di moralismo pedagogico, piombava
a caduta sugli scri i più diversi, dalle liriche, ai ritra i biografici, alle
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segnalazioni, ai testi politici o di a ualità. Così scriveva Fiorina Centi ,
nell’articolo La scuola popolare nella concezione filosofica di Giovanni Bovio:
Per temprare le nostre forze, per allenarci alla lo a, per stringerci compa i in-
torno a un simbolo che ogni ideale sintetizzi, per meglio rispondere alle nuove
esigenze sociali, abbiamo bisogno di migliorare la nostra scuola popolare, di far
penetrare in essa nuove correnti, nuove ansie, nuove speranze. I fanciulli di oggi
saranno gli uomini del domani e questi uomini dovranno scendere nell’agone
della vita con nuove armi nel pugno, con nuovi ideali nel cuore. […] Non diffe-
renza tra confini naturali e politici. Ai fanciulli d’Italia, a queste rigogliose forze
dell’avvenire, dite che Trento e Trieste, due nostre creature smarrite, da anni at-
tendono e sperano. Le verdi onde del dolcissimo Adriatico raccolgono l’eco delle
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loro voci e ogni giorno ci cantano l’eterna, nostalgica canzone .
Così la rivista, per tutto il 1915, non fu propriamente letteraria, ap-
pagando uno specifico intendimento di Marone che interpretava
«La Diana» non come una scuola poetica, non come lo strumento di
un movimento, bensì come un luogo da cui auspicare un rinnova-
mento dei costumi partenopei e nazionali, un luogo in cui lo slancio
intellettuale potesse elevarsi oltre la tradizione per superarla, non
per distruggerla.
20 F. Centi, Il più forte amore, in «La Diana», I, 6, 15 maggio 1915, p. 115.
21 F. Centi fu tra i fondatori della rivista insieme a Marone e al cugino di lui, M. Cestaro;
fu inoltre dire rice della rivista durante il primo anno di pubblicazione (1915). Sul nu-
mero 1 della seconda annata mancava il nome della dire rice e a partire dal numero 2
del 1916 una nota annunciava che la rivista sarebbe stata dire a per tu o l’anno da un
comitato di redazione. Centi continuò comunque la collaborazione con la rivista, su cui
pubblicava con lo pseudonimo di Paolo Argira.
22 F. Centi, La scuola popolare nella concezione filosofica di Giovanni Bovio, in «La Diana», I,
1, gennaio 1915, pp. 7 e 9-10.
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