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FRANCESCA BERNARDINI NAPOLETANO, La Grande guerra nell’immaginario e nella coscienza europea



                   linguistici, in particolare sintattici. Sono invece abbastanza riconoscibili le
                   memorie scritte a distanza di anni, più distese nello stile e spesso anche più
                   ricche di considerazioni personali, di particolari descrittivi e narrativi. […]
                   La guerra è in tutti i diari, da subito, un’esperienza collettiva.

                I diari scri i “a caldo” sono più ogge ivi e si presentano di norma
                come narrazioni di un cronista che si limita a presentare gli eventi
                senza commenti, a differenza dello storico che è tenuto a spiegarli. Un
                caso interessante, direi di cronaca “pura”, è costituito dai taccuini di
                Scipio Slataper : il Taccuino di guerra (maggio-giugno 1915) giorno per
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                giorno in pochissime righe registra l’evento saliente della giornata, in-
                dicando tra parentesi il luogo in cui ha / hanno dormito, oscillando tra
                l’”io” e il “noi” (sono con lui il fratello Guido, Carlo e Giani Stuparich);
                con la stessa secchezza e mancanza di emozioni, abbreviando le paro-
                le, Slataper registra la partenza da Roma – «2 giugno: Partenza da Por-
                tonaccio, alle 15½. (Dormito treno Firenze)» –, racconta il conta o con
                il nemico e di essere stato ferito: «8 giugno: Dopopr[anzo] avanzata
                su S. Polo. Sera: nemico. (Dormito canale irrig[atorio]). / 9 giugno: Pas-
                saggio canale. Alture. Ferito su quota 61. Trasportato Canciano-ospe-
                dale o. (Dormito Chiesa)» .
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                     Questi essenzialissimi appunti dovevano servire, nelle intenzio-
                ni, da canovaccio per testi più ampi, come avvenne per il Kobilek di
                Soffici; in alcuni casi vengono sviluppati in modo da concentrare l’at-
                tenzione sugli affe i familiari e sul patrio ismo dell’Autore, con il con-
                trasto tra il dolore della moglie Gige a e la sua gioia di partire: «Io
                partivo allegro, senza riuscir a sentire il suo dolore. La guerra come
                tu e le cose a cui è necessario di partecipare è triste soltanto per chi
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                resta e aspe a» . La guerra quindi, in linea con la propaganda inter-
                ventista, è vista da Slataper come festa e come dovere.
                     Nel secondo, più lungo brano, datato «Fine giugno», il racconto
                prende avvio dalla sera dell’8 giugno per registrare l’occupazione del







                33  S. Slataper, Appunti e note di diario, a cura di G. Stuparich, Mondadori, Milano 1953.
                34  Ivi, p. 259.
                35  Ivi, p. 260.


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