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FRANCESCA BERNARDINI NAPOLETANO, La Grande guerra nell’immaginario e nella coscienza europea


                “pubblico”» (Fabio Ecca); ciò favorì corruzione, abusi, e portò, come
                già per la guerra di Libia, allo scandalo dei «sovrapprofitti di guer-
                ra», e rese poco efficiente il processo di produzione del materiale bel-
                lico destinato all’esercito. Oltre ai documenti storici, lo attestano in
                maniera dettagliata e inequivocabile le fonti letterarie, artistiche e
                d’archivio: lettere, diari, memorie, racconti e romanzi, persino poesie,
                meno frequentemente il cinema: persino Jahier, il cui obiettivo prin-
                cipale è ribadire il «valore morale» della guerra giusta, consacrare il
                mito degli alpini, della solidarietà senza distinzioni gerarchiche, per-
                sino Jahier chiede conto delle ingiustizie e della corruzione: «Perché
                alcuni son chiamati a lavorare e guadagnar sulla guerra, e altri a mo-
                rire?»; e ancora: «Non ha lavorato alla guerra l’Italia che aveva un
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                esercito così meschino che anche ora stenta a poterci armare» . Sul
                tema si può ricordare un mediocre film del 1952, La leggenda del Piave
                diretto da Riccardo Freda, con la catarsi finale dell’affarista di guerra,
                il conte Riccardo Dolfin.


                Qual è lo statuto della le era? Come la si colloca nel sistema le erario?
                Tradizionalmente viene considerata al di fuori dei generi le erari e
                viene inserita tra i generi cosidde i «naturali», insieme con le altre
                forme autonarrative, autobiografiche, memorialistiche; Bachtin li chia-
                ma, più opportunamente, generi «semi-le erari». La le era è per sua
                natura un testo di natura duale e multiforme: mentre i testi epistolari
                di ille erati per lo più risentono delle cara eristiche della comunica-
                zione orale, con il suo flusso continuo e immediato, non formalizzato,
                la le era di un intelle uale pone problemi complessi e all’analisi può
                mostrare come l’autore abbia, consapevolmente o meno, utilizzato
                strategie comunicative, stile e modi enunciativi, affini ai propri testi
                di esplicita natura le eraria. Lo stesso autore può produrre, all’interno
                di un corpus – formato per esempio dalle le ere indirizzate allo stesso
                destinatario –, messaggi di servizio, spesso scri i in fre a e con forme
                elli iche, se non scorre e, e le ere di alto livello le erario, come quelle








                26  P. Jahier, Con me e con gli alpini, cit., pp. 185 e 217.


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