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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei


                le lucciole sui campi non hanno spento; e le stelle. C’è ancora qualcuno
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                che sfugge agli ordini militari di questo assassino» .


                Ricominciare dalla fine


                Scampanio è una pagina scri a e serbata da Calamandrei, fuori dal pe-
                rimetro delle sue note giornaliere. Scoppia la pace, la Germania si è
                arresa e le campane di Firenze si rincorrono l’una con l’altra: «Caro si-
                gnor colonnello Fuchs, i ponti li avete fa i saltare; ma l’oro di queste
                sere, che in maggio non si trova che qui, non siete riuscito a rubarlo».
                     La guerra in Europa è veramente finita; e, a Firenze, tu i, in strada,
                seguendo la filatura sonora dello scampanio, allungano il collo e lo
                sguardo «a guardare la Martinella che suona dalla torre del Bargello».
                Esce dalla sua bo ega anche «un vecchio, in gabbanella da artigiano»,
                che nel suo corto e drastico parlare riassume per tu i, e forse anche per
                il giurista che con la sua penna lo fa venire in parola: «Ma chi ce li rende
                questi trent’anni?» .
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                     I colori di Firenze, le voci, l’argentea vocalità del “campanone”:
                recuperi di coralità e prove di comunità civica; un seme per far rina-
                scere la pianta della ci adinanza. Un seme, sfibrato e pieno solo di in-
                certe e precarie possibilità di germogliare, che nella prosa di Calaman-
                drei inizia a sanare proprio quel nome-simbolo, Bargello, per troppi
                anni usurpato dalla testata del famigerato giornale fascista al servizio
                di Alessandro Pavolini, il piccolo e feroce Mirsilo locale .
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                     Pensieri feriti, ma non insensati, in tumulto e affioramento: perché
                chiamare in causa trent’anni e non ventitré? Contando trent’anni a ri-
                troso si arriva al 1915 e non al 1922 della marcia su Roma. È la prima
                volta che Calamandrei, sia pure indire amente, include la sua Grande
                guerra nel conto della catastrofe che ha consumato il suo ultimo a o.
                Altri conti sono ancora tu i da fare, tu i aperti; compreso quello della
                prospe iva storica da cui voltarsi a guardare indietro per intravedere





                33  Ivi, p. 207.
                34  P. Calamandrei, Scampanio, in «Il Ponte», I, 3, 1945, p. 255.
                35  Id., Mirsilo è morto, in «Il Ponte», I, 3, 1945, p. 254.


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