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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei


                Non c’è più spazio per l’enigmistica delle illusioni politiche, per la
                segnaletica dei gesti in dissolvenza dall’interiore intenzionalità
                etica. Restano, è vero, nella memoria, minime e interstiziali prero-
                gative evocative: come in ogni «terapia dell’anima, i riaffioramenti
                                                                                 23
                e la cura delle memorie» hanno e liberano un sostrato psicologico ;
                ma sui pescaggi emotivi della Grande guerra durante il fascismo  24
                prevale di gran lunga, nella prospettiva del diario, l’importo etico-
                politico della guerra democratico-mazziniana a rendere estraneo
                alla totale diversità contemporanea non più soltanto l’ex combatten-
                te, ma il giurista, il lettore e biografo di Beccaria per il quale l’altra
                guerra è soprattutto moralmente altra; ed è in grado di parlare alla
                coscienza storico-morale in un tempo di significati “secondi” del
                linguaggio o di latenti crittografie dei sentimenti. La Grande guerra
                di Calamandrei, in quanto reagente ormai fino in fondo politico, è
                uno “stato fuori luogo” rispetto alla linea degli eventi e delle indif-
                ferenze; ma è proprio da quello stare “fuori luogo”, dal chiamarsi
                fuori da uno Stato-Nazione che non coincide più con la patria, che
                si può, nella scia di Walter Benjamin, evitare che anche il passato e
                i morti cadano in mano all’occupante e non siano più al sicuro nella
                storia che fu la loro. Drammatica è nella sua tumultuante tessitura
                la pagina del 3 settembre 1939, in cui l’incubo del 1914 ritorna con
                l’Italia a parti invertite:


                   Siamo tornati alla situazione del 1914: i libri di allora […] tornano ad essere di
                   una a ualità patetica. E ora come allora e più di allora quello che più mi tocca
                   è il momento europeo della Francia che si sacrifica: la miglior parte della uma-
                   nità, il fiore più odoroso della civiltà, la mia patria di uomo europeo sta per
                   ge arsi volontariamente nell’incendio per difendere la libertà di tu i gli uo-
                   mini civili.






                23  M. Isnenghi, in Id. (a cura di), I luoghi della memoria, Simboli e miti dell’Italia unita (1996),
                Laterza, Roma-Bari 2010, p. XIII.
                24  M. Isnenghi, Rappresentarsi la Grande guerra nell’Italia fascista, in «Contemporanea»,
                XVII, 1, 2014, pp. 665-671. Sulle spinte motivanti al configurarsi, durare e mutare delle
                varie stagioni e a ualizzazioni della Grande guerra, Id., Il mito della Grande Guerra oggi,
                in «Materiali di lavoro. Rivista di studi storici», n.s., 1989, 1-2, pp. 5-17.


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