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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei
e la lezione etico-politica di Gaetano Salvemini, come Ernesta Bi anti
Ba isti e Bice Rizzi si aspe ano. E lui, ancora una volta, non delude,
evitando di sciogliere il nesso causale tra Grande guerra e avvento del
fascismo e per dare, invece, parola al dolore e all’inquietudine per la
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sorte delle «terre estreme» e, massimamente, di Trieste .
A Trieste, occupata dagli Alleati, Calamandrei va, finita la guer-
ra, accompagnandosi a Giani Stuparich: siamo nel rovesciamento di
Ritorneranno, il libro di Giani che Piero ha le o con turbamento, appe-
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na uscito, nel 1941, e di cui ha scri o lungamente a Pancrazi , che a
sua volta gli ha portato l’autore in studio qualche mese dopo:
Nel calore di quel nostro primo incontro, in cui ci parlammo come due amici ri-
trovatisi dopo lunghi anni di silenzio, io ebbi l’indicibile impressione di rivivere
coi miei più cari compagni, scomparsi in quella guerra, nella guerra del ’15: con
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mio fratello Carlo e con Scipio Slataper .
Giani e Piero salgono insieme a San Giusto:
Lo vedo ancora con quella commozione negli occhi che non inganna. Era lassù,
sul colle che raduna le memorie di Trieste, col cuore aperto, col suo grande
cuore. Egli sentiva Trieste come solo pochi italiani sanno sentirla; né me eva
schermi davanti ai propri sentimenti. Il destino di Trieste lo turbava. E quando
da Opicina gli facemmo vedere i nuovi confini, s’immalinconì con visibile sof-
ferenza, come se patisse sulla viva carne l’ingiustizia che ci era fa a .
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Nel complesso cammino dei recuperi storici, e delle costellazioni bio-
grafiche e auto-biografiche, non perde intensità e forza persuasiva e
44 Rievocazione della vi oria italiana del 1918, in «Alto Adige», IV, 265, 1948, 5 novembre.
45 P. Calamandrei, Le ere 1915-1956, cit., vol. I, pp. 290-294 (25 agosto 1981): «le ultime
cento pagine, quelle del ritorno a Trieste, l’ho le e tu e d’un fiato e ci sono stato male,
anche fisicamente, tu a la giornata»; poco oltre la dolce e consolante sorpresa di «sentir
raccontare per 500 pagine che nel 1915 i giovani andavano a morire […] per liberare Trie-
ste dai tedeschi», rivelazione di fronte alla quale «gli ermetici si me eranno a ridere». Il
libro, «nello scaffale dove c’è Lorenzo Benoni, o Carducci, o Mazzini, non ci sfigura».
46 G. Stuparich, Il “mio” Calamandrei, in «Il Ponte», XII, 10, 1956, p. 1660.
47 Ibidem.
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