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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei


                E nei giorni successivi il parallelo, in un remake tragicamente capo-
                volto, torna incalzante e doloroso:


                   Da ieri la Francia e l’Inghilterra sono in guerra contro la Germania. Si comba e
                   sul Reno, come 25 anni fa: oggi si ha notizia del primo piroscafo silurato dai
                   tedeschi, come 25 anni fa. Questo incubo ricomincia […]. Pancrazi stamani mi
                   ha mandato il numero della «Tribuna» del 7 maggio 1915 col discorso di Quar-
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                   to. Tu o ricomincia: la storia non ha niente insegnato .

                L’altra guerra, quel noi che con tu i i limiti, gli errori e i macelli aveva
                costruito un nesso fra Nazione e popolo – che il fascismo ha trafelata-
                mente semplificato traducendolo in Nazione è popolo – si colora di
                rimpianto ma poi si carica d’ira e disprezzo secessionista: «Noi della
                nostra generazione abbiamo, ed avremo, ideali da difendere: la libertà,
                la buona fede internazionale, l’arbitrato invece della forza, se pur son
                miti, sono miti che ancora ci esaltano. […] Francia e Inghilterra com-
                ba ono per essi e vinceranno. […] Lo stato d’animo che c’è in questi
                                                                     26
                giorni è come quello di una seconda Capore o morale» .
                     Incalzano gli eventi, si spiralizzano e radicalizzano le dissocia-
                zioni e i ripudi interiori – «gli inglesi e i francesi e i norvegesi che di-
                fendono la libertà sono ora la mia patria» – e contestualmente ven-
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                gono di continuo in parola paesaggi e geografie, «dintorni» e ombre:
                una visita in sparuta e congeniale compagnia «alla biblioteca di Ce-
                sena, dove stava Serra» e poi «alla chiesa di Polenta che ispirò Car-
                ducci» si allunga fino «alla casa di S. Mauro dove è nato il Pascoli, ai
                pioppi di rio Salto». Un «viaggio pieno di interna malinconia» in
                un’Italia diventata straniera, in cui le voci di dentro e quelle di fuori
                non si corrispondono più. Un’Italia che somiglia sempre più irrime-
                diabilmente a The Waste Land; con Calamandrei-Eliot a chiedersi: «E
                noi che faremo domani?». Il pensiero dell’altra guerra un giorno sem-
                bra rianimare, un giorno disanima come un mercatino dei miraggi
                della memoria: «Il Belgio, il Belgio: come venticinque anni fa», con





                25  P. Calamandrei, Diario, I, cit., pp. 83 e 86.
                26  Ivi, p. 95.
                27  Ivi, pp. 169-170.


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