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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei


                le mitologie e i loro piani di proiezione. Nell’amarezza della sconfi a
                                                                   42
                e della difficoltà – se non impossibilità – di raccontarla , la Vi oria del
                1918 fornisce ancora a Calamandrei un appiglio psicologico per il suo
                rampicante interiore, che solo al prezzo di un travisamento può essere
                scambiato per la so erranea e contorta linea di produzione di una stra-
                tegia d’a esa e d’ada amento. Il ripensamento calamandreiano non
                riparte, non verrà mai in chiaro del tu o, ma neanche potrà essere mai
                completamente riassorbito e messo fuori corso. C’è nel giurista e scrit-
                tore sempre uno stato di necessità che gli impedisce di inoltrarsi con
                scioltezza lungo il sentiero sconosciuto e scosceso della revisione del
                giudizio sulla Grande guerra. Se n’è tenuto lontano per tu a la durata
                del fascismo proprio tenendo fermo al mito della Grande guerra come
                intersezione sempre a uale del principio della guerra giusta, della
                guerra democratica contro la guerra, della giustizia internazionale e
                dell’ultima ba aglia risorgimentale per l’unità d’Italia, in inveramento
                e rivendicazione dell’eredità giacente di Mazzini .
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                     Il 4 novembre 1948 Calamandrei è richiesto di recarsi a Trento a
                commemorare la Vi oria. Sono in tanti a reclamare la presenza del
                primo soldato italiano arrivato nella loro ci à la ma ina del 4 novembre
                di trent’anni prima. Un mito personale e privato nel mito della Grande
                guerra. Lui va e parla, davanti al monumento a Dante che trent’an ni
                prima, bloccato dalla folla e dagli abbracci, non era riuscito a raggiun-
                gere. Non abbiamo il testo integrale del discorso, ma il riassunto pub-
                blicato da parecchi giornali restituisce il Calamandrei interventista de-
                mocratico, a ento come forse mai prima al contenuto socialmente de-
                vastante della guerra, eppure ancora saldamente e idealmente proteso
                verso le ragioni di allora, in ideale continuità con il «sacrificio» di Ba isti






                42  E. Vial, L’impensable défaite: les antifascistes italiens, in P. Cabanel, P. Laborie (a cura di),
                Penser la défaite, Privat, Toulouse 2002, pp. 269-277; M. Mondini, Il racconto della sconfi a.
                Stagioni e mappe tematiche nella le eratura di guerra dell’Italia repubblicana, in «Fictions.
                Studi sulla narratività», XIII, 2014, pp. 67-88 (numero speciale su Narrazioni della distru-
                zione: scrivere la seconda guerra mondiale, a cura di G. Mariani).
                43  Per il travaglio dell’antifascismo – sopra u o fuoriuscito ed esule – sull’interventismo
                e la guerra si veda L. Rapone, L’antifascismo italiano tra guerra passata e guerra ventura, in
                L. Goglia, R. Moro, L. Nuti (a cura di), Guerra e pace nell’Italia del Novecento. Politica estera,
                cultura politica e correnti dell’opinione pubblica, il Mulino, Bologna 2006, pp. 195-223.


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