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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei
sembra prendere corpo in «questa imminenza di guerra, che proprio dà
alla nostra tristezza singola un cara ere simbolico, come se noi fossimo
gli ultimi rappresentanti di una civiltà che sta per sprofondarsi so o una
nuova invasione di barbari, che non viene soltanto di fuori, ma di dentro,
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dai nostri focolari, dai nostri figli» . Quasi una laica preghiera pro aris et
focis, mentre la speranza di rimanere fuori dal cataclisma porta con sé un
rischio di dissolvenza spirituale nella risacca della «malinconia dell’età»
che Piero avverte «più pungente in primavera, in queste bellissime cam-
pagne toscane, coi monti nitidi e i boschi ancora secchi, ma i peschi fioriti».
Quasi che possa il volto sfigurato e sfregiato della patria rifugiarsi in un
fraseggio macchiaiolo, in una captazione di scorci per ineptias. Ecco il mito
della Grande guerra che viene prontamente evocato a esorcizzare la ten-
tazione intimistica: «questa guerra che sta per scoppiare, e non è la guerra
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fa a a vent’anni, la guerra fa a da noi proprio per la causa opposta» .
In Cassazione incontra il vecchio “presidente della Vi oria”, Vit-
torio Emanuele Orlando, che al congedo gli augura buona fortuna: «Mi
è ritornato in mente il tono tra affe o e pietà con cui durante la guerra
del 1915-1918, i vecchi salutavano i giovani che stavano per tornare al
fronte». In coda, l’angoscia di «quelli che come me credevano di aver
comba uto per qua ro anni e vinto proprio questo bestiale militarismo
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prussiano che oggi trionfa nei cuori dei nostri figli e si irride di noi» .
Un diario fi o di impennate e di impasse; in qualche misura te-
stimonianza in presa dire a del lungo e faticato auscultarsi dell’autore,
nel giorno per giorno di un quinquennio che, a ogni sosta che Cala-
mandrei consuma allo scri oio, o al tavolo ricoperto da un’incerata
nel patio della casa di campagna, sembra abbuiarsi sempre di più,
mentre, un rintocco dietro l’altro, sembra che la storia e la civiltà eu-
ropee stiano scandendo il loro ultimo ed estenuato tempo. Dall’altro
lato, una ingovernabile e montante ridda di voci, illazioni, fraintendi-
menti, deduzioni e induzioni recepiti e verbalizzati come veri, possibili
o verisimili, ingorga la clessidra e rende logora e incerta una situazione
esistenziale e politica priva di sbocchi e di prospe ive che non preve-
17 Ivi, p. 14.
18 Ivi, p. 22.
19 Ivi, pp. 24-25.
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