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VALERIA MOGAVERO, Il mito dell’“altra” guerra nel Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei



                   a me, e per altri della mia generazione, quella è apparsa una guerra del Risor-
                   gimento, l’ultima guerra del Risorgimento. E sia perdonato l’involontario en-
                   decasillabo, che sa di Gozzano. Più tardi, pur mantenendo fede a quella pri-
                   mitiva impressione, altre si sono sovrapposte, altre realtà abbiamo sentito non
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                   meno vive .
                Il richiamo a Ghisalberti non è, in questa sede, formale o estrinseco,
                proposto tanto per trovare un aggancio o un termine di paragone più
                o meno congruo. Un autorevole recensore del volume o di ricordi mi-
                litari messo in stampa da Ghisalberti a molti decenni di distanza dagli
                eventi, acutamente avrebbe rilevato che, tra le linee di quel documento
                e nei suoi turgidi “ora per allora”, si poteva ancora ricavare la sensa-
                zione che «forse […] la guerra è stata, nella tradizione patrio ica ita-
                liana, la prosecuzione della cultura con altri mezzi»; e che, nella ge-
                stazione e nelle torsioni di una lunga memoria permaneva, nelle radici
                stesse del raccontarsi, un modello o meccanismo di riconoscimento
                dei propri dintorni domestici, affe ivi e amicali in cui il padre – e quel-
                lo di Ghisalberti non meno e non diversamente da quello di Calaman-
                drei – riesce a rimanere largamente inscri o nella filigrana delle fedel-
                tà patrio iche e risorgimentali del figlio e viceversa. Ciò induce a ri-
                cercare e valorizzare – anche in una comunità di legami che non sia
                necessariamente una rete di destini o volontà particolarmente estesa
                – la vivacità storicamente condizionata e condizionante della «relazio-
                ne fra il patrio ismo quotidiano delle famiglie e l’esperienza del fron-
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                te» . Siamo insomma all’estremo capo del filo delle pulsioni civiche
                di ascendenza risorgimentale, di quelle polarità essenziali come
                «onore e patria» che Lucien Febvre ha definito «le due fonti del senti-
                mento nazionale» . Fonti che, se in parte non delimitano già più, nel
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                9  A.M. Ghisalberti, I lavori del congresso, in La Prima Guerra Mondiale. A i del XLI Congresso
                di storia del Risorgimento italiano (Trento, 9-13 o obre 1963), Istituto per la storia del Ri-
                sorgimento, Roma 1965, p. 11.
                10  A. Monticone, recensione a A.M. Ghisalberti, Ricordi di uno storico allora studente in
                grigioverde, in «Rassegna storica del Risorgimento», LXIX, 1981, pp. 493-495.
                11  L. Febvre, Honneur et patrie (1945-1947); Onore e patria, trad. it. di Adelina Galeo i,
                Donzelli, Roma 1997, su cui si vedano almeno L. Canfora, Onore e patria secondo Lucien
                Febvre, in Id., Storici e storia, Aragno, Roma 2003, pp. 87-90 e M. Isnenghi, La tragedia ne-


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