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FRANCESCA BERNARDINI NAPOLETANO, La Grande guerra nell’immaginario e nella coscienza europea



                   dovute né alla forza, né all’astuzia austriaca: ma al nostro pulcinellismo gene-
                   rale. Non resta che una speranza: che a furia di schiaffi e di secchi d’acqua in
                   testa questi nostri italiani capiscano che è tempo di fare il proprio dovere.

                Scoppiata la guerra nel 1914, Prezzolini, ormai deciso a lasciare «La
                Voce», nell’autunno stigmatizza l’eccessiva prudenza e a esa del go-
                verno italiano e identifica le cause del ritardo nell’impreparazione e
                nei costi eccessivi della guerra di Libia; ma nel post scriptum di La guer-
                ra tradita scrive:


                   Mentre correggo le bozze, ricevo notizie che credo sicure, dalle quali si argo-
                   menta prossima e certa la guerra. Il ritardo proviene dalla impreparazione.
                   Diecine di fabbriche e di laboratori devono urgentemente rispondere alle or-
                   dinazioni del governo. Questo ritardo, che può togliere alla vera guerra nazio-
                   nale il suo valore morale, è cagionato dalla guerra di Libia, dalla falsa guerra
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                   nazionale .

                Pochi giorni dopo, sulle pagine di «Lacerba», Prezzolini rivolge di
                nuovo al Paese i suoi «ammonimenti», con un linguaggio estremamen-
                te aggressivo, per richiamare i valori ideali che spingono alla guerra e
                rifiutare i calcoli opportunistici o di pura convenienza economica:


                   È ormai noto ovvio manifesto e pacifico che l’esercito era impreparato. […]
                   Mancano a quel che si dice, cannoni, munizioni, uniformi, scarpe, carriaggi,
                   ufficiali. In breve, tu o.
                   […] Il paese è vigliacco. Oggi non c’è nulla da guadagnare. […] credo che Trie-
                   ste ci rime erà parecchio a diventare italiana se all’Austria rimane un solo
                   sbocco nell’Adriatico. Il Trentino poi è un paese povero, scarnificato da diecine
                   di anni di malgoverno austriaco, da una innaturale separazione dal suo natu-
                   rale mercato la valle del Po, con una emigrazione che non ha nulla da invidiare
                   a quella veneta. È un paese arretrato di coltura, clericale, reazionario. […]
                   Sono grandi difficoltà che si presentano. Sono difficoltà maggiori di quelle





                15  G. Prezzolini, La guerra tradita, in «La Voce», VI, 18, 28 se embre 1914, pp. 2-4, ora in
                A. Romanò (a cura di), La cultura italiana del ‘900 a raverso le riviste, Einaudi, Torino 1960,
                vol. III, «la Voce» (1908-1914), p. 713.


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