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JACOPO PERAZZOLI, Socialisti al fronte, tra assonanze e differenze



                   Nel silenzio […] s’ode improvvisamente una voce senza suono, che sembra
                   salire di so ’acqua. […] Il mio sguardo […] cade là dove s’intuisce più che non
                   si veda il disordine d’una devastazione. Il Colonnello è il primo ad accorrere
                   con una agilità giovanile; tre, qua ro soldati sformicano di so o terra. Qualche
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                   cosa di tragico è accaduto; eppure manca il senso della tragedia .
                Il taglio è tu o sommato rassicurante. Certo, la trincea italiana era stata
                bombardata, ma ciò non aveva provocato troppi timori nei militari, i
                quali avevano dato l’idea di sapersi ben comportare, non curandosi
                eccessivamente delle sicure perdite umane. Nella Grande guerra, va
                da sé, la morte divenne ben presto un fa o normale, quotidiano, come
                testimonia praticamente l’intera memorialistica reda a dai reduci
                degli eserciti contrapposti , ma in No i sul Carso prevale comunque
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                l’elemento dell’azione positiva.
                     A riprova del clima comunque costru ivo tra le varie compo-
                nenti del regio esercito, si prenda in esame la descrizione di quando,
                appena giunto a quota 144 del Carso, Greppi venne colto da un altro
                bombardamento dei grossi calibri dell’artiglieria austriaca:


                   Questa che s’annuncia da lontano è addiri ura una salva: la terra intorno a noi
                   ha un sussulto, sembra squarciarsi, e nell’aria si apre un vuoto […]. Una so-
                   spensione, una pausa della vita, e poi una grandinata di pietre e di zolle su di
                   noi, intorno a noi. Un tinnire sinistro, metallico, di elme i. […] L’imperativo
                   del mio dovere d’ufficiale mi fa balzare in piedi, simultaneamente al capitano
                   e agli altri subalterni […]. M’impressiona un soldato per la sua immobilità as-
                   soluta; lo chiamo, non dà segno di vita. […] La testa del soldato s’è mossa, len-
                   tamente si erge, due occhi a oniti mi guardano con una interrogazione fa a
                   di meraviglia e di rancore. Indimenticabile; quasi un’emanazione luminosa,
                   una tenue fosforescenza. Egli dormiva profondamente e la guerra era così lon-




                33  A. Greppi, No i sul Carso, cit., pp. 76-77.
                34  Soltanto per citare alcuni degli scri i più noti: G. Comisso, Giorni di guerra (1930), Lon-
                ganesi, Milano 1997; E. Jünger, In Stahlgewi ern (1920); Nelle tempeste d’acciaio, trad. it. di
                G. Zampaglione, introduzione di G. Zampa, Guanda, Parma 2002; J. Hašek, Osudy dobrého
                voyaka Švejka (1923), Le vicende del bravo soldato Švejk nella grande guerra, trad. it. e cura di
                G. Derna, Einaudi, Torino 2010; E. Hemingway, A Farewell to Arms (1929); Addio alle armi,
                trad. it. Mondadori, Milano 2007.


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