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LUCIO VALENT, «La guerra era bella e conforme al mio spirito». Luigi Bartolini scri ore di guerra


                trovando l’ascolto dei le ori. Anch’essi, come l’autore, ridevano leggen-
                do di chi si era impaurito perché superficialmente ferito, poiché sape-
                vano che «anche la guerra è un fa o di prudenza ed è certo che i soldati
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                più vecchi hanno la pellaccia più dura. Non muoiono più» . Sicché se
                non vi è dubbio che dalle pagine del Ritorno sul Carso traspare il ca-
                ra ere difficile dell’autore, che aveva impiegato «trentacinque anni di
                vita, quanti ne confessa, a leticare con sé e con gli altri», dato che «i pa-
                renti, le belle, i colleghi, i critici, gli editori, gli amici, pare che tu i, e
                sempre, lo abbiano tradito o almeno che abbiano congiurato a fargli di-
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                spe o» , era anche vero che il tono polemico e «bisbetico» con cui il
                libro era scri o poteva favorire una sorta di identificazione in lui alme-
                no di una parte dei le ori, che avevano condiviso la sua vitalità e il suo
                desiderio di vivere senza compromissioni. Si era tra ato di un vitali-
                smo che non sempre e non necessariamente aveva avuto una origine
                politica o aveva portato all’adesione a proge i politici.
                     Passando a quanto vi è di nuovo rispe o ad altri libri di guerra
                nel Ritorno sul Carso, in primo luogo va notato – ed è premessa neces-
                saria – che Bartolini visse un anteguerra del tu o peculiare se confron-
                tato con quello dei suoi contemporanei. Egli infa i era già so o le armi
                ben prima della dichiarazione di guerra del governo italiano all’Au-
                stria-Ungheria il 24 maggio 1915. Ciò segnò la sua esperienza dei mesi
                precedenti il confli o, non avendo vissuto in prima persona le giornate
                convulse ed eccitanti del «Maggio Radioso» e dell’interventismo più
                acceso. Come sappiamo, durante quel fatidico mese molti giovani in-
                terventisti – per la maggior parte studenti e intelle uali – lo arono
                per spingere il governo a entrare nel confli o sulla base di differenti
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                motivazioni ideali . In quanto già arruolato, Bartolini non condivise
                con i suoi coetanei tale esperienza politica e la sua ba aglia fu di ca-





                32  Ivi, pp. 136-137.
                33  P. Pancrazi, Romanzi della guerra, in «Corriere della Sera», 17 se embre 1930.
                34  Il testo ancora fondamentale per lo studio degli eventi resta B. Vigezzi, Da Gioli i a
                Salandra, Vallecchi, Firenze 1969. Più recente e molto acuto nella sua analisi delle vicende
                diplomatiche è A. Varsori, Radioso Maggio. Come l’Italia entrò in guerra, il Mulino, Bologna
                2015. Cfr. inoltre A. Répaci, Da Sarajevo al Maggio Radioso. L’Italia verso la Prima Guerra
                mondiale, Mursia, Milano 1985 e G.E. Rusconi, L’azzardo del 1915. Come l’Italia decide la
                sua guerra, il Mulino, Bologna 2005.


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