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LUCIO VALENT, «La guerra era bella e conforme al mio spirito». Luigi Bartolini scri ore di guerra


                remmo quasi egoistico, par che goda talvolta a sottolineare e a cal-
                care i segni della propria schietta sensibilità, dell’umor bisbetico. E
                                                                        12
                in fine di un realismo che non soffre di peli sulla lingua» . Un tem-
                peramento, per altro, non nascosto nemmeno da Bartolini, come egli
                stesso ammise nel testo: «una delle ragioni per le quali fui sempre
                agli Osservatori, in linea, era perché mal sopportavo il carattere degli
                altri: e questo è il mio difetto!», essendo «intollerante» e «innamorato
                della vita assoluta»; in sostanza: «quel che per me è giusto, per un
                altro è storto e […] tante verità esistono quante sono le teste che di
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                verità han voglia di ragionare» .
                     Per quanto concerne il secondo punto sopra ricordato, cioè lo
                straniamento rispetto al Carso ritrovato, va notato che le riflessioni
                dell’autore sul paesaggio nel quale egli stava viaggiando a distanza
                di dieci anni dalla fine del conflitto aggiungono sostanza a quanto
                sopra detto. Come vedremo, Bartolini narrò la guerra senza partico-
                lari censure, e così fece dei luoghi dove essa fu combattuta: il fronte
                carsico nelle sue pagine non appare differente dagli altri della Gran-
                de guerra. La prima linea italiana era identica al fronte occidentale
                in Francia, ovverosia un terreno puntellato di crateri causati dall’ar-
                tiglieria e tagliato da trincee protette da filo spinato e campi minati.
                Di ritorno sul Carso, l’autore ammetteva di sentirsi estraneo in quei
                luoghi che aveva visto devastati, tanto da non riuscire a comparare
                la regione che osservava nel 1930 con quella che aveva visto tra il
                1915 e il 1917. Bartolini rimpiangeva esplicitamente i giorni passati,
                rivelando una sorta di affetto per il ricordo nei confronti del vecchio
                fronte di guerra, oltre che un profondo disprezzo per le forme della
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                ricostruzione .
                     Detto ciò, appare più semplice capire quanto vi sia di conven-
                zionale nella descrizione del conflitto, anche quando intrecciata con
                racconti della giovinezza bartoliniana e con le impressioni di un ri-
                torno controverso sul territorio carsico. Bartolini, nel suo libro – scrit-







                12  G. Ravegnani, Romanzi della guerra, in «La Stampa», 11 o obre 1930.
                13  L. Bartolini, op. cit., p. 42.
                14  Si veda, per questi motivi, ivi, pp. 18, 21, 31, 35-36, 161, 173.


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