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LUCIO VALENT, «La guerra era bella e conforme al mio spirito». Luigi Bartolini scri ore di guerra
I morti, i morti me ono paura ai vivi e li rendono pii; e mi sembrava averli di-
nanzi agli occhi, ammiccanti al male; essi così dolci e così buoni! – i caduti –
essi che oramai, in vita eterna san tu o, e sanno la differenza che c’è, o non c’è,
tra il bene e il male e se siano peccati quelli da noi ritenuti per tali, mentre in-
vece possono non esserlo secondo una legge di natura che diresti legge di poe-
sia e per la quale tanto meno è peccato lo uccidere in guerra 22
l’autore esprimeva una sincera simpatia verso i suoi camerati, che
era davvero scevra di ogni retorica politica: gli anni trascorsi dalla
fine della guerra e dall’ascesa del fascismo al potere gli facilitavano
questa visione meno politicizzata e più umana del culto dei morti
nel conflitto.
Quando Bartolini si impegnava a castigare i codardi, mostran-
do quella repulsione e quell’odio nei confronti di coloro i quali «faran
sempre schifo: fortuna che contro la loro immagine se ne innalzano
sempre altre che ci trasportano all’ammirazione» , offriva al lettore
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una polemica presente anche negli altri scrittori e memorialisti, tutti
accomunati – anche quando pacifisti come Carlo Pastorino – dal di-
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sprezzo per i vigliacchi, che avevano rinunciato a condividere il pe-
ricolo con i propri commilitoni e che vivevano «barcamenandosi
bene» e «non stanno né dentro né fuori del pulsare dell’esistere, e
che non sono di sangue, ma sacchi di sterco; e che passano all’altro
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mondo, come se in questo non ci fossero stati» . Colui che aveva
combattuto nelle trincee (magari come ufficiale di complemento) ap-
prezzava vedere ridicolizzati i pusillanimi, soprattutto quando essi
erano della categoria degli ufficiali di carriera. E ciò perché molti di
questi non solo erano stati dei codardi – quando la battaglia infuriava
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sempre al riparo nei loro Fifaus – ma troppo spesso erano stati in-
22 L. Bartolini, op. cit., p. 20.
23 Ivi, p. 119.
24 Si veda C. Pastorino, La prova del fuoco, Società Editrice Internazionale, Torino 1926.
25 L. Bartolini, op. cit., pp. 43-44.
26 I soldati italiani erano soliti affermare che l’ufficiale di alto grado fosse abituato a na-
scondersi nelle profondità del Fifaus, gioco di parole consistente nell’unione della parola
fifa con la parte finale del termine tedesco Blockhaus, che identificava il bunker so erraneo
a o a proteggere gli ufficiali o materiale sensibile dalle bombe o dagli a acchi del nemico.
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