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FABIO MARRI, I “solchi della morte” e il realismo più cupo di Guido Cavani


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                per a i d’indisciplina» , e che «in una no e di tormenta sparì dalla
                trincea», lasciando «il suo fucile spezzato fra gli sterpi di un crepac-
                cio» . A lui, il personaggio-autore affida idealmente le sue riflessioni,
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                non dissimili da quelle di Afro:

                   La guerra è una gabbia senza porte; una gabbia che si allarga e si stringe intorno
                   agli uomini; nessuno è fuori di essa. Anche se in apparenza sembra voluta da
                   pochi e odiata da tu i, sembra cioè conseguenza di avvenimenti estranei ai più,
                   è invece il mostro generato dalla colpa di tu i: tu i in essa hanno la loro parte
                   di responsabilità, anche coloro che come te cercano di liberarsene; ma non perché
                   è la guerra, perché non è la loro guerra, perché il nemico che hanno davanti non
                   è il loro nemico .
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                Arriva la buona stagione (il marzo, presumibilmente del 1918), che
                tu avia non apre il cuore dei soldati e dello scri ore (il quale, come si
                è visto, il 3 marzo 1918 scriveva ai familiari: «Ma che fascino può avere
                per noi la primavera? La nostra anima è cupa»):


                   Ma i fanti non avevano occhi per guardare queste cose; erano tetri, oppressi
                   dall’incubo della guerra che con la primavera si risvegliava avida di sangue
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                   coi suoi rombi sordi e i suoi crepitii sinistri .
                Il disgelo scopre, davanti alla trincea, «un grande pascolo ondulato
                di tenero verde»; ma non all’idillio, bensì a un descrittivismo trucu-
                lento è improntato il finale del racconto:


                   Era Gasparo in avanzata putrefazione, col ventre gonfio, la carne incollata
                   alle ossa, il cranio dentro l’elmetto: mi guardava con le occhiaie vuote, mi
                   sorrideva mostrando tutti i denti della bocca senza più labbra .
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                34  G. Cavani, Il fiume e altri racconti, cit., p. 193.
                35  Personaggi simili sono i disertori Bardelli del racconto Il rifugio di De Roberto, op. cit.,
                pp. 51-84, che però sarà ripreso e condannato alla fucilazione; e Marrasi, ucciso alle so-
                glie della trincea nemica in Lussu, Un anno sull’altipiano, cap. 21, pp. 174-181.
                36  G. Cavani, Il fiume e altri racconti, cit., pp. 194-195.
                37  Ivi, p. 196.
                38  Ivi, p. 197.


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