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FABIO MARRI, I “solchi della morte” e il realismo più cupo di Guido Cavani
Ma le ultimissime stesure dattiloscritte (in particolare, un “co-
pione” preparato per la spedizione, ma poi sottoposto a molte cor-
rezioni di pugno, e una bella copia autografa di due fogli, posterio-
re) asciugano ancora, e fermano il racconto con lo sguardo della
morte attraverso la visione del compagno agonizzante: «La spara-
toria durò a lungo poi si affievolì e si spense; s’accese intanto qual-
che stella nell’azzurro e ritornò il silenzio. La morte allora ci guardò
tutti con quel povero fante che pareva dormisse» .
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Cavani, anche nelle scene realistiche, tendeva a stemperare i mo-
menti più crudi rivolgendo la mente alla natura, così da creare (ha
scri o ancora Pasolini a proposito di Zebio Còtal, p. LVII) «una variante
moderna del poema pastorale», accostandosi a «l’ideale del romanzo
ermetico – che non è mai stato scri o – tu o “poetico”». E, aggiunge
A. Cavalli Pasini riferendosi ai racconti, Cavani trova il suo «modo per
rendere lo spazio fisico anche spazio “emotivo” […], far perdere agli
ogge i la loro impassibilità, per caricarli di valori simbolici, creando
altresì una so ile trama di corrispondenze con lo stato d’animo dei
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personaggi contigui» . In questo, tra i narratori di guerra si accosta a
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Monelli, sempre pronto ad accostare natura e sentimento ; mentre in
Lussu la descrizione naturalistica è pressoché assente.
Qualche maggior traccia di disumanità sanguinosa e truculenta si
ha negli altri racconti, risalenti come de o ai primi anni Cinquanta e poco
21 Così l’autografo; l’antecedente da iloscri o corre o a mano recava invece: «Spuntò
anche una stella [a mano nell’interlineo]. La sparatoria durò pochi minuti [a margine so-
stituito da a lungo] poi si affievolì e si spense. Quando ritornò il silenzio, la morte allora
ci guardò tu i, con quel povero corpo disteso sui sassi [nell’interlineo corre o con fante]
che pareva dormisse».
22 A. Cavalli Pasini, op. cit., p. 83 (ma già 79-80 e 82), con esempi tra i da La gave a, Pao-
lino e Carmine, Uno strano soldato.
23 Un esempio dalle prime pagine di Le scarpe al sole («Ora le vede e, abbeverate a do-
vere, vegliano più soddisfa e sulla piovigginosa monotonia della campagna lorda di
neve, scrutano l’intrico dei boschi, spiano di tra i sacche i riempiti di terra le ingan-
nevoli sassaie della montagna di fronte», P. Monelli, op. cit., p. 31). Ma si vedano al-
meno le Le ere a Soffici 1917-1930 di Giuseppe Ungare i (a cura di P. Montefoschi e L.
Piccioni, Sansoni, Firenze 1981: «Ma quante concitate giornate so o quel grigio sudicio
che copre il cielo, nel mio tempo, da tre anni»; «cessa il fango e riprincipia il gelo, e
tu o questo grigio larvato di cose di medio inverno», p. 11, da due missive non datate
e a ribuibili al febbraio 1918.
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