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FABIO MARRI, I “solchi della morte” e il realismo più cupo di Guido Cavani
Ma presto subentra il dramma, in una scena tante volte narrata da
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narratori-testimoni oculari : il fante si erge sull’orlo della trincea per
udire meglio il suono gioioso, e invece i «sibili sottili» dei colpi spa-
rati dai cecchini portano la morte: «di peso lo sentii cadere / fra le
mie braccia […]: un rivolo di sangue / colava sopra l’occhio aperto».
In questo mondo che «va alla rovescia», dove la giustizia e l’umanità
sono bandite, l’anelito spirituale del vecchio soldato è stato punito
nel modo più definitivo: ora «dormi fra la neve e il vento / su la mon-
tagna sacra».
Una scena di guerra, ricca di de agli ancor più crudi, si ha nel-
l’altra poesia inedita Ritorno, da ascrivere agli stessi anni del primo do-
poguerra, ma sulla quale Cavani tornò forse negli anni Cinquanta,
come provano alcune correzioni a biro .
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Ge ato all’improvviso dalla guerra
sul piano, torna l’ombra del soldato
alla madre che invano l’ha aspe ato
su la soglia, davanti alla sua terra.
Porta seco nell’anima l’orrore
del sangue che ha versato, della morte
che l’ha distru o; della mala sorte
ride, tenendo fra le labbra un fiore.
Veste, ed ormai per sempre, la divisa
lacera, in testa porta ancor l’elme o,
una medaglia gli decora il pe o
fa o crivello […].
12 Per es. in La paura di F. De Roberto (oggi in La paura e altri racconti della Grande
Guerra, e/o, Roma 2014, pp. 19-47), «levò un poco il capo, forse nell’udirsi chiamare
dal compagno che veniva a rilevare; ma allora, improvvisamente, al sinistro ta-
pum d’una fucilata, il corpo s’accasciò» (p. 25; ma l’episodio si ripete per tre volte
su altrettanti soldati mandati in vedetta); o in Le scarpe al sole di Monelli, cit., p.
169: «Ma con tiro a segno i più imprudenti che mettono il naso fuori delle caverne
sono mandati a gambe all’aria»); o in Un anno sull’altipiano di Lussu, cit., finale del
cap. 16, p. 138.
13 In particolare, l’espunzione di tre quartine: cfr. P. Franceschini, op. cit., pp. 149-152.
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