Page 188 - Costellazioni 6
P. 188

Come ricorda Felici nella densa prefazione, il punto di partenza
                           dell’indagine è un noto topos weberiano, vergato per lettera alla sorella
                           Lili nel 1912, e ripetuto ancora nel saggio sulla Wertfreiheit (1917): l’in-
                           tuizione che nur im Okzident abbia preso piede la musica armonica ra-
                           zionale, l’uso dei cromatismi, la composizione per notazioni. Ma è
                           sulle condizioni di tale peculiarità che Weber pone un accento per
                           nulla semplicistico: la razionalità che egli vede all’opera nella produ-
                           zione  musicale  –  prendendo  le  distanze  da  qualsiasi  riduzione  al
                           “genio”, ma anche dalle parallele teorizzazioni di un Kunstwollen da
                           parte di Riegl, sfruttando gli studi più aggiornati di psicoacustica e di-
                           scutendo un’etnomusicologia ancora ai primi passi – è una razionalità
                           immanente al sociale, lato sensu tecnica. È il proteiforme organizzarsi
                           – razionalizzarsi – di poteri e condotte, in varie forme, a innescare
                           anche l’uso occidentale dell’armonia: dall’emergere della figura del
                           compositore attraverso l’habitus delle notazioni alle esigenze che por-
                           tano i monaci a configurare un uso razionale del canto polifonico, dalla
                           razionalizzazione della danza alla diffusione di organo, clavicembalo
                           e violino, tutto compone un quadro causale complesso.
                                 Come ogni pagina weberiana, la Sociologia della musica è un elo-
                           gio della complessità, perché ogni dettaglio è suscettibile di produrre
                           effetti: dalle diverse accordature derivano diversi stili, diversi abiti so-
                           ciali provocano il privilegio di alcune tecniche, gli orientamenti puri-
                           tani ovunque (dai monaci cistercensi ai confuciani) ricusano le raffi-
                           natezze del semitono, l’uso rituale e culturale del momento musicale
                           ne avvia una sistematicità stereotipata, e in ciò una forma di raziona-
                           lizzazione, l’organizzazione corporativa degli artisti favorisce il rico-
                           noscimento del loro status sociale e un raffinamento tecnico dei loro
                           strumenti. Di qui, senza rinunciare alle altezze dello specialismo, il
                           mirabile affresco finale: dove Weber spiega come è cambiato l’ascolto,
                           cosa abbiamo perso e guadagnato in finezza, e come muti socialmente
                           pure la vista, che ci fa leggere il pianoforte come un «mobile», a «uso
                           domestico», prettamente borghese.



                                                                                Massimo Palma







                                                           186
   183   184   185   186   187   188   189   190   191   192   193