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alle neuroscienze». Questo libro dunque da un lato si inserisce nella
                           messe di studi che in tempi recenti si propongono di indagare i nessi
                           profondi tra biologia e letteratura (si pensi ad esempio a Alberto Ca-
                           sadei, Biologia della letteratura. Corpo, stile, storia, il Saggiatore, Milano
                           2018), dall’altro però lo fa con intento normativo piuttosto esplicito,
                           con esiti pienamente riusciti. Cometa avvia la sua indagine parlando
                           di biopoetica, prosegue parlando foucaultianamente di “archeologia
                           del sé”, descrive poi le “poetiche della mente” che da questa archeo-
                           logia originano, per delineare in conclusione una “antropologia del-
                           l’ansia” cui il bisogno di narrazione risponde. Per farlo l’autore si ap-
                           poggia costantemente alla letteratura specialistica di natura neuroco-
                           gnitiva, estetico-evoluzionistica, antropologica e biologica, e con ra-
                           gione: siccome ogni cultura è sempre costitutivamente bio-cultura, oc-
                           corre una teoria della cultura (della percezione del fatto culturale) che
                           sia anche letteralmente “sapere corporeo”. Cometa insomma riprende
                           quello che le neuroscienze chiamano embodiment, “simulazione incar-
                           nata”, e lo fa con grande acume documentario e concettuale, mobili-
                           tando anche la sua formazione di germanista; il che costituisce un ap-
                           porto e uno stimolo fondamentali all’argomentare del libro, per com-
                           prendere come, in fondo, le neuroscienze riprendano ciò che era già
                           noto ai teorici settecenteschi della percezione estetica.
                                 Un libro prezioso, insomma, per avviare un dibattito necessario
                           su che cosa significhi narrare.



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