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Laura cannavacciuolo, Napoli boom. Il romanzo della città (1958-
1978), Edizioni Sinestesie, Avellino 2016, pp. 240, 20€.
Laura Cannavacciuolo, assumendo la prospettiva del paesaggio urba-
no partenopeo, prende in esame i romanzi degli scrittori napoletani
nel ventennio che intercorre tra il 1958, considerato convenzionalmen-
te l’avvio della stagione del boom economico, e la fine degli anni Set-
tanta, che ne segnarono il definitivo declino. La studiosa gestisce con
disinvoltura una materia molto ampia, organizzata secondo una strut-
tura espositiva chiara e rigorosa.
Dalla proposta ermeneutica di assumere la città come “genere
letterario” prende avvio il primo capitolo; se la rappresentazione della
metropoli urbana è molto frequentata nella letteratura del secondo
Novecento, Napoli diventa fulcro tematico nonché il luogo d’osserva-
zione privilegiato nel dibattito culturale e nelle opere degli scrittori
nati negli anni Venti, cresciuti nel periodo fascista; principale oggetto
d’attenzione sono gli intellettuali che gravitavano intorno alla rivista
«Le ragioni narrative», ma la trattazione si apre anche ad autori che,
come Pomilio, pur provenendo da altri contesti territoriali fanno della
capitale partenopea lo scenario dei loro romanzi.
Nell’immaginario letterario dei romanzi degli anni Sessanta, a
cui è dedicato il secondo capitolo, la centralità della rappresentazione
di una Napoli ormai coinvolta nel boom economico si declina in modo
differente: talvolta, la lente dello scrittore indugia sulla violenta tra-
sformazione del paesaggio urbano per problematizzare il disagio esi-
stenziale e l’alienazione prodotti dalla recente economia di mercato e
dalla società dei consumi, come accade nelle pagine di Raffaele La Ca-
pria, Ferito a morte, e di Luigi Compagnone, L’amara Scienza. In Donna-
rumma all’assalto di Ottieri e in Era l’anno del sole quieto di bernari, d’altra
parte, la brutale espansione della città che risucchia un’incontaminata
periferia diventa simbolo dell’ancestrale conflitto tra Natura e Storia,
mentre le opere di Pomilio (La compromissione) e di Domenico Rea (Una
vampata di rossore), trascurando gli effetti dell’urbanizzazione, rifletto-
no sul rapporto tra la metropoli e una provincia chiusa in un isola-
mento e una pigrizia eterni.
Nell’ambito della corposa produzione degli anni Sessanta rico-
prono una posizione eccentrica le prime prove di Enzo Striano e Mi-
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