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MARIA bETTETINI, Classici e mercato globale. Il caso del mito delle Sirene
Nell’Odissea invece sono in cima agli scogli (forse nelle Eolie,
forse a Vulcano dove si dice che si senta ancora il loro canto quando
il vento soffia attraverso la valle ai piedi del vulcano). Intonano canti
a cui il marinaio non può resistere, non tanto o non solo per la bel-
lezza, quanto per i contenuti. «Qui presto vieni, o glorioso Odisseo,
grande vanto degli Achei», non puoi andar via senza avere ascoltato
la nostra voce, «suono di miele». Infatti «noi tutto sappiamo, quanto
nell’ampia terra di Troia Argivi e Teucri patirono per volere dei
numi; tutto sappiamo quello che avviene nella tua terra nutrice» (XII,
184-189). Le Sirene promettono quindi la conoscenza, si potrebbe
dire, del bene e del male, panta, di ogni cosa.
Le Sirene tranquillizzano Ulisse, si dichiarano non pericolose
(«nessuno mai si allontana da qui con la sua nave nera, se prima non
sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce; poi pieno di gioia ri-
parte»). Il canto dona sapienza, chi riparte lo fa «conoscendo più cose».
Allora andar per mare significava affidarsi all’irascibile Posei-
done, perdere i contatti con la patria e la famiglia per mesi, per anni,
rischiare continuamente la vita, affrontando tempeste e pirati. I sistemi
di segnalazione con il fuoco indicavano invasioni, battaglie, nascite di
re, certo non si occupavano della salute e della vita quotidiana del po-
polo, forse nemmeno di Penelope. Dopo venti anni, Ulisse lo sbruffo-
ne, Ulisse che rischia la vita sua e di altri pur di vedere e provare tutto,
crolla al canto delle Sirene. Non si fosse fatto legare all’albero, non
avesse messo la cera nelle orecchie dei compagni, le loro ossa si sareb-
bero aggiunte alle tante sparse ai piedi delle Sirene.
5.
Nella Repubblica di Platone, otto Sirene sono in cima agli otto cerchi te-
nuti insieme dal fuso del Fato o Necessità, ognuna canta una sola nota
e insieme producono «un’unica armonia» (X 617b). Il tema è certo pi-
tagorico e destinato a grande fortuna, addirittura alla sovrapposizione
tra Sirene e Muse. Ovidio parla di belle fanciulle trasformate in uccelli.
Ma mentre Ascalafo, che ha visto quello che non doveva vedere, di-
venta un gufo – portatore di sventure – senza più nulla di umano, le
Sirene mantengono «volti di fanciulle», probabilmente perché erano
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