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MARIA bETTETINI, Classici e mercato globale. Il caso del mito delle Sirene



                           le più convincenti: un errore di un amanuense, che avrebbe trasfor-
                           mato le pennae in pinnae; oppure una stramba lettura dell’immagine
                           di Giona in bocca al pesce, molto diffusa fin dalla prima arte cristia-
                           na, in quanto simbolo del Cristo che risorge dopo tre giorni, il tempo
                           di permanenza del profeta nel ventre dell’animale.




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                           Qualunque sia l’origine della donna pesce, certo è che nel Medioevo
                           sostituì del tutto la donna uccello, subendo altre trasformazioni: ac-
                           quistando una coda doppia, simile a divinità orientali – o forse solo
                           più decorativa –, e ottenendo anche, a volte, un rimando positivo,
                           forse per influenza delle figure nordiche di Ondine, generose aiutanti
                           dei marinai. Le prime, le Sirene bicaudate, furono oggetto quasi os-
                           sessivo degli scultori che decorarono le chiese romaniche, valga per
                           tutti il duomo di Modena (iniziato nel 1099). Le maestranze lombar-
                           do-emiliane hanno poi esportato il modello nel resto dell’Europa.
                           Ancora simbolo del male, della lussuria, della tentazione in numerosi
                           bestiari, spesso la sirena è intesa nell’arte romanica come elemento
                           decorativo privo di ogni connotazione morale. Rappresenta, invece,
                           una figura positiva, se pur sempre magica, dove arriva l’influenza
                           del mito di Melusina, sorto, sembra, proprio tra XII e XIII secolo a
                           opera di autori della corte di Enrico II. Tra il 1387 e il 1394, Jean d’Ar-
                           ras scriverà il Roman de Mélusine, dietro richiesta del duca di berry.
                           Melusina è una bellissima fata che al sabato si trasforma in serpente.
                           Raimondino, principe di Lusignano, la sposa promettendo di non in-
                           frangere la sua vita privata al sabato. Dopo anni di regno e di felicità,
                           Raimondino infrange la promessa e Melusina deve dolorosamente
                           tornare nelle acque da cui è venuta. Dopo pochi anni, il romanzo
                           viene raccontato in versi da Couldrette o Coudrette (tra il 1401 e il
                           1405), che dichiara di aver tratto l’ispirazione da un volume di versi
                           in francese e da due libri in latino, tutti con «lo stesso racconto», a
                           sua volta confermato dal conte di Salisbury, che aveva letto una sto-
                           ria del castello di Lusignano. Il mito di Melusina è diffuso, nei secoli
                           successivi sarà cantato e narrato, fino a ispirare la fiaba di Andersen
                           nel 1837.



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