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MARIA bETTETINI, Classici e mercato globale. Il caso del mito delle Sirene



                           audio non poté, perché a soli sessant’anni, il 23 luglio del 1957, To-
                           masi di Lampedusa morì, senza ancora aver pubblicato nemmeno
                           una riga. Il protagonista vero del racconto è il senatore Rosario La
                           Ciura, grande grecista in pensione, che a poco a poco viene a confi-
                           darsi con il giovane giornalista palermitano Paolo Corbera. Siamo
                           nel 1938, le prime pagine ci immergono nell’oscurità dell’anno delle
                           leggi razziali. Ma siamo anche nell’anno della scomparsa di Ettore
                           Majorana, che Silvano Nigro avvicina a La Ciura, per autorità e per
                           la misteriosa scomparsa. Infine, siamo in una Torino rigida e fredda.
                           Dopo i preamboli, durati non poco, per una sorta di profonda ami-
                           cizia tra La Ciura e Corbera (che è la voce narrante), il senatore de-
                           sidera accomiatarsi dal giovane: partirà in nave, sul Rex, per un con-
                           vegno in Portogallo. Prima vuole spiegare a Paolo il perché del suo
                           atteggiamento schifato verso l’amore e il sesso, di un’alterigia si può
                           dire assoluta. Cinquant’anni prima aveva conosciuto e frequentato
                           per due mesi Lighea, una sirena. Era a Punta Izzo, un luogo selvag-
                           gio e sconosciuto sopra Augusta, in provincia di Siracusa, dove oggi
                           le installazioni militari e le attività petrolifere hanno reso impratica-
                           bile la spiaggia, sporco il mare. La descrizione è molto nota, è inutile
                           ripeterla, basti ricordare che Lighea è sì divina, immortale, figlia
                           della Musa della poesia epica, Calliope. Ma è anche una «belvetta»,
                           un animaletto che coi dentini aguzzi si nutre di pesci e molluschi an-
                           cora vivi, che si mostra senza nemmeno un vago senso del pudore,
                           che sa di mare e odora di alghe, che fa all’amore con trasporto ani-
                           male. Occhi e capelli verdi, una coda che incomincia sotto l’inguine,
                           per consentire le pratiche amorose, Lighea non ha nulla della pudica
                           Sirenetta di Andersen, ma è oltre anche le Sirene omeriche, perché è
                           oltremodo attraente, l’eros non è solo nella sua voce. Che non è canto,
                           è parlare greco antico con i sussurri del mare, le sue onde, le sue ri-
                           sacche. L’ultimo invito è per il giovane, e bel – a quanto si capisce
                           da una sua foto di allora – grecista: se sarà stanco, se vorrà evitare
                           vecchiaia e malattia, potrà raggiungerla nel mare, ovunque lui si but-
                           terà lei sarà pronta ad accoglierlo. Così lascia questa terra il senatore
                           La Ciura, “cadendo” dal Rex la prima notte di viaggio. Se verso una
                           dolce morte o verso l’abbraccio di Lighea e quelle acque senza luce
                           dove vivono felici le creature marine non lo sappiamo, o forse pos-
                           siamo intuire che le due realtà sono sovrapposte.



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