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RObERTO NICOLAI, La distanza dei classici


                           partire dal giovane Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff. La rivolta
                           di Nietzsche contro il cosiddetto «classicismo di Weimar», alla base
                           della politica culturale e dell’istruzione pubblica in Germania, è un
                           momento chiave della contrapposizione tra classicismo e anticlassici-
                           smo. Di questa contrapposizione Zimmermann mette in risalto un
                           aspetto fondamentale e spesso trascurato: la valenza politica di un di-
                           battito che travalica la sfera della discussione accademica. L’assorbi-
                           mento del ditirambico, categoria controversa fin dall’antichità, nel dio-
                           nisiaco da parte di Nietzsche e la polarizzazione apollineo-dionisiaco,
                           usata come chiave per descrivere un’intera cultura, aprirono la strada
                           da un lato alle ricerche di Erwin Rohde, dall’altro a una nuova produ-
                           zione letteraria influenzata dalla visione di Nietzsche.
                                 Paul Demont affronta Der Tod in Venedig andando a ricercare non
                           soltanto i riferimenti all’antichità classica, ma anche la loro stratifica-
                           zione, nel tentativo di cogliere gli echi molteplici che tali riferimenti
                           producono. Uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Demont è
                           proprio l’ambiguità che emerge nel rapporto di Thomas Mann con l’an-
                           tico: «La double appréciation, positive et négative, que Thomas Mann
                           porte lui-même sur ses références à l’antiquité peut ainsi se retrouver,
                           dans le cas du lecteur, dans le mode d’énonciation, souvent fort énig-
                           matique, qu’il a choisi». I casi enigmatici su cui si sofferma sono due:
                           il riferimento a un passo dei Memorabili di Senofonte (1. 3. 8-15) e i ri-
                           chiami all’Erotico di Plutarco, entrambi filtrati da Schopenhauer.
                                 Romeo bufalo affronta il concetto di classico con gli strumenti
                           della filosofia e cerca di cogliere il motivo della permanente attualità
                           dei classici, individuandolo in un’«eccedenza di senso» tendenzialmen-
                           te inesauribile che dà vita a una «erotica del sapere», il «piacere della
                           comprensione estetica del senso» (Jauss). Rispetto ai canoni antichi,
                           fondati sull’eccellenza stilistica e sull’utilità dei testi per l’insegnamento
                           della grammatica e della retorica, bufalo compie un completo ribalta-
                           mento, insistendo sulla dimensione del senso, su quelle che Gadamer
                           chiama la «portata e la forza comunicativa di un’opera».
                                 Maria bettetini dedica il suo saggio alla presenza dei classici
                           nell’epoca della globalizzazione, intesa in particolare come globaliz-
                           zazione economica, e propone come caso emblematico quello del mito
                           delle sirene. La dinamica di appropriazione e di rifiuto dei classici è
                           oggi sostituita, secondo bettetini, dall’appiattimento necessario al mer-



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