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RObERTO NICOLAI, La distanza dei classici
sapevole classicismo nacque in età augustea e rispondeva a un preciso
programma di politica culturale. Uno dei segni del classicismo è la ri-
flessione storico-letteraria fondata sulle periodizzazioni: è quello che
fa Dionigi di Alicarnasso nel trattato Sugli antichi oratori. Dionigi spiega
che l’eloquenza, che aveva toccato il vertice nel periodo che va dalla
guerra del Peloponneso ad Alessandro Magno, era decaduta nei secoli
successivi e si stava risollevando soltanto grazie all’azione della classe
dirigente romana. Qualcosa del genere accadrà nell’Umanesimo ita-
liano, quando si fisserà la periodizzazione per cui all’epoca d’oro dei
classici erano seguiti i secoli bui del Medioevo e poi la rinascita, con il
ritorno ai modelli classici. Una conseguenza, paradossale ma non trop-
po, di questa impostazione è che il classicismo, ogni classicismo, per
affermarsi ha bisogno del suo Medioevo, di un periodo considerato di
decadenza e di declino, dal quale ci si può risollevare soltanto tornan-
do ai modelli, quegli autori che il tempo e l’universale apprezzamento
hanno posto in uno spazio e in un tempo a sé stanti, quasi che fossero
una categoria dello spirito autonoma e al tempo stesso una risorsa alla
quale attingere in ogni momento.
Già da queste prime considerazioni si comprende come la cate-
goria di “classico” abbia da un lato un forte impatto sulle letterature e
sulle istituzioni educative, imponendo dei modelli alti e promuoven-
done lo studio. Dall’altro lato, però, emerge anche la pericolosità di
questa categoria, che finisce per impedire una corretta valutazione sto-
rico-letteraria e che, soprattutto, si intreccia indissolubilmente con il
potere politico. Già con Augusto infatti il classicismo fu uno strumento
di unificazione dell’impero, di affermazione di modelli e di valori e di
definizione di una classe dirigente educata su quei modelli e su quei
valori. Il classicismo, insomma, ha un lato oscuro, che emerge proprio
dal contrasto con la luminosità dei modelli che propone.
I Romani furono dunque gli inventori del classicismo, e non ca-
sualmente classicus è parola latina. I Greci erano per loro modelli da
studiare, imitare, emulare. Abbastanza rapidamente però si definì un
gruppo di autori latini in grado di competere con i modelli greci e
quindi di affiancarli in un sistema educativo che già nel I secolo a.C.
era bilingue. Quintiliano, alla fine del I secolo d.C., affiancò, nel X libro
dell’Institutio oratoria, i propri canoni degli autori greci a quelli degli
autori latini. Autori come Virgilio, Orazio, Sallustio, Livio e Cicerone
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