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RObERTO NICOLAI, La distanza dei classici


                           cietà, con uno sfruttamento ideologico senza precedenti per sistema-
                           ticità e per capacità di penetrazione. Sono stati costruiti edifici e sta-
                           tue ispirati all’arte greca (in Germania – la “dorische Welt” evocata da
                           Gottfried benn) e romana (in Italia), sono stati ripresi gesti, vocaboli
                           e parole chiave e, si potrebbe dire, i due regimi si sono vestiti di abiti
                           greci e romani. La fine della Seconda guerra mondiale e la caduta
                           del fascismo e del nazismo hanno portato a una reazione che ha
                           messo in crisi non soltanto l’uso ideologico e strumentale dei classici,
                           ma anche il loro studio e la loro conoscenza. Nei decenni successivi
                           l’accelerazione imposta dalla tecnologia, unita agli interessi del mer-
                           cato, ha emarginato sempre di più le lingue e le letterature classiche,
                           portando a radicali cambiamenti nei sistemi scolastici. Sono stati
                           messi in primo piano gli strumenti e sono stati lasciati ai margini non
                           soltanto i contenuti, ma anche le forme. L’interesse per le lingue –
                           ovviamente le lingue moderne – è diventato per lo più strumentale
                           e i testi letterari hanno in buona parte cessato di essere il veicolo prin-
                           cipale dell’educazione. L’educazione stessa è diventata formazione
                           ed è stata legata sempre di più alle esigenze del mercato del lavoro.
                           Se l’educazione umanistica è fin dalle origini, con Isocrate, consape-
                           volmente anacronistica, nel senso di svincolata dall’attualità e volta
                           a educare la persona più che a formare professionisti e tecnici, le pa-
                           role d’ordine in voga vanno nella direzione opposta, in un’immer-
                           sione nel presente che lascia poco spazio non solo ai classici, ma più
                           in generale alla cultura.
                                 Si può dire che mai come in questo periodo i classici sono stati
                           distanti: non si tratta però della distanza dei paradigmi, ma di una di-
                           stanza che è estraneità e indifferenza. La lingua, letteraria e non, non
                           si arricchisce più con gli apporti del greco e del latino, ma si ibrida con
                           le lingue straniere, in particolare con l’inglese. Questo vale non sol-
                           tanto per l’italiano, ma per tutte le lingue, con la parziale eccezione
                           del francese, da sempre difeso da una strenua politica linguistica. Que-
                           sta nuova distanza dai classici ha prodotto già diversi effetti: se le no-
                           stre nonne sapevano che cosa significano il filo di Arianna o le fatiche
                           di Ercole, le nuove generazioni per lo più lo ignorano; le scuole dove
                           si studiano il greco e il latino, come il liceo classico italiano, si stanno
                           svuotando; più in generale, l’educazione all’uso consapevole ed effi-
                           cace della lingua è sempre meno praticata.



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