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GIULIA FERRI, «Voglio liberarmi dei rimorsi che mi pesano addosso»



                   Il commença à parler de la guerre. Il m’annonça qu’il partait.
                   — Rien ne vous y oblige. Vous n’êtes pas français, vous.
                   — C’est vrai, me répondit-il en souriant, avec ce trouble enfantin qu’il ne réus-
                   sissait à dissimuler chaque fois que la question de sa nationalité entrait en jeu.
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                   Mais je m’engage comme volontaire .
                Alberto Savinio riporta questo scambio di battute con Apollinaire
                in un articolo che è chiamato a scrivere nel 1924 sulla rivista
                «l’Esprit Nouveau», in memoria del grande poeta francese. Questi
                era morto sei anni prima, e con lui l’artista italiano aveva stretto un
                rapporto che andava oltre l’ammirazione e l’amicizia. Si trattava in-
                fatti di una figura con cui identificarsi, perché viveva il suo stesso
                disagio di apolide e condivideva con Savinio il bisogno di identifi-
                carsi in una patria. La questione che viene messa al centro, nelle
                righe sopracitate, è proprio quella dell’arruolamento nell’esercito
                di un Paese come strumento di affermazione identitaria. È per rag-
                giungere quest’ultima che Apollinaire sostiene in modo convinto
                il desiderio di partecipare a un’esperienza di grande esaltazione pa-
                triottica quale è la guerra, nonostante la paura per i rischi che essa
                comporta. Il fatto che Savinio si soffermi su quest’episodio, nel suo
                ricordo di Apollinaire, è particolarmente significativo, specie se
                visto alla luce del fatto che di lì a poco compirà la stessa scelta in-
                sieme al fratello Giorgio. «Entrando l’Italia in guerra a fianco degli
                alleati – sostiene Paolo Baldacci –, sarebbe stato per loro impossi-
                bile, come renitenti alla leva e, nel caso di Giorgio, disertori con-
                dannati da un tribunale militare, vivere in Francia» . È tuttavia
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                plausibile che sia l’uno, sia l’altro, vissuti sin dalla nascita col com-
                plesso degli apolidi, figli di una patria pressoché sconosciuta, per-
                cepissero la chiamata alle armi come un’occasione di affermazione
                identitaria, così come suggerisce la testimonianza di Bino Binazzi,
                che li incontrò a Firenze nell’autunno 1914, dove erano stati proba-





                1  A. Savinio, In poetæ memoriam, in «l’Esprit Nouveau», IV, 26, 1924. Citato in E. Conti,
                Dal poeta-albatros al poeta tacchino: Savinio e Apollinaire, in «Allegoria», XV, 48, se embre-
                dicembre 2004, pp. 45-46.
                2  P. Baldacci, De Chirico 1888-1919. La metafisica, Leonardo Arte, Milano 1997, p. 295.


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