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grado zero della scrittura – “è solitamente un involucro liscio che
aderisce all’Immagine, un morbidissimo guanto intorno all’essere
amato. È un discorso devoto, benpensante. Quando l’Immagine
si altera, l’involucro di devozione si strappa; una scossa viene a
sconvolgere il mio proprio linguaggio”.
A lievitare, suffragare quell’empito, c’è che il discorso amoroso di
Giambattista Baldanza esige e comprende tutto, la leggenda e la
Storia, il Pubblico e il Privato, le accensioni della passione e la lin-
fa dei Miti, mazziniani Doveri dell’Uomo e illuministici Trattati sulla
Tolleranza, o novecentesche, emancipate lotte e tavole dei Dirit-
ti... Certo egli non è qui attardato a ripassare i libri d’oro e d’ore
delle Virtù, teologali o cardinali – e su temi radicati e assoluti
come Dio, Patria e Famiglia, non è certo rimasto fermo, ancorato
o smarrito nelle catechesi per adulti...
Ricordi, mamma
Tu mi tenevi per mano
E il tempo non passava mai...
Ora che il tempo
È passato...
Ancora per mano mi porti.
Giambattista Baldanza, umanista inveterato, le materie appunto
dell’Umanesimo, armonioso e maiuscolo (ma per lui usuale, la-
sciatecelo dire: meravigliosamente quotidiano), per tanti anni le ha
insegnate a scuola, professore nei migliori licei...
Rubricarle, riassumerle come fa sempre in un libro di poesia
(ora una nuova raccolta, Incontri, ad un decennio abbondante dalle
Poesie), testimonia una grande, forte e laica fede nella Cultura;
quella vera e maiuscola, non modaiola o pressappochista, come
troppo spesso la modernità, l’Iniquità contemporanea, sembra vo-
lerci imporre... Assieme al ludibrio d’una tecnologia oramai inelu-
dibile, irrefrenabile, e d’un progresso mascherato sempre da pana-
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