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Entropia

           Correvo,
           tra i miei passi inciampavo.
           Mi allontanavo,
           ma la direzione opposta
           sempre,
           fissavo.
           Parlavo,
           nemmeno un suono pronunciavo.
           Cosa cʼera da dire.
           Chi cʼera ad ascoltare.
           Chi cʼera da ascoltare.
           Silenzi e altalene di vento,
           passi frettolosi,
           gocce di pioggia malinconica,
           foglie ingiallite, calpestate e
           scricchiolanti.
           Un frullato di verità e certezze
           diluito con irrealtà e inconsapevolezze.
           Giorno per giorno passeggiavo,
           e ferma restavo.
           Notte dopo notte dormivo,
           per vagheggiare nellʼentropia del
           mio nascosto inconscio.
           Realtà parallele costruivo
           per vivere in luoghi a me cari.
           Così invisibili, surreali, intrecciati,
           fragili, respirati, assorbiti,
           scrutati.
           Miei.
           Immaginavo il domani dimenticando il presente.
           Abbracciavo assenze
           in attesa di presenze.

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